I numeri del turismo e la sfida culturale

TURISMO. La fotografia (molto puntuale) scattata da Ascom sul comparto del turismo nella Bergamasca si presta a più di una riflessione, a maggior ragione dopo la recente chiusura dell’anno della Capitale della Cultura.

Premessa doverosa e metodologica: i dati si riferiscono al 2022, quindi prima dell’anno passato in tandem con Brescia. È però molto probabile, per non dire certo, che quelli del 2023 saranno al rialzo: il che confermerà ulteriormente la vitalità di un settore importante, a maggior ragione in un territorio ad evidente trazione manifatturiera. Dove però agiscono realtà come Orio al Serio, il terzo aeroporto del Paese e il primo dell’Europa continentale per il traffico low cost. Che ormai non è più una voce a parte ma la modalità di volo dominante nel panorama europeo.

Il comparto del turismo nella nostra provincia dava lavoro a 25mila persone nel 2022: ribadendo il fatto che il dato è da rivedere al rialzo, va comunque rilevato come si siano già recuperati e pure superati i livelli pre Covid nella ristorazione e nei pubblici esercizi. È successo in diversi comparti, ma in questo caso è particolarmente significativo perché riguarda una diversa attrattività del territorio, più immediata. Si tratta di un’occupazione relativamente giovane, a prevalenza femminile e per tre quarti con contratti a tempo indeterminato. Il che rafforza ulteriormente la centralità del settore: chi lavora nel comparto del turismo, al netto di una sua certa mobilità quasi endemica, non pare farlo per caso o perché non trova alternative. Magari non è ancora il caso di parlare di una vocazione turistica del territorio, ma ci sono segnali molto interessanti e quindi potenzialità che vanno colte.

A maggior ragione dopo i risultati della Capitale della Cultura che non possono che essere un punto di partenza più che d’arrivo. Da quest’anno passato in tandem con i cugini bresciani si è ben capito che ci sono ancora parecchie cose da fare, ma anche che le potenzialità non sono di meno. Perché un conto è il semplice turismo, un altro un turismo di tipo culturale: più mordi e fuggi il primo con risvolti anche complessi in termini di gestione, decisamente più qualitativo il secondo e in grado di offrire spunti di crescita al territorio, ben oltre l’incremento dei livelli occupazionali, tema comunque da non disdegnare.

In questo senso i dati Ascom vanno letti in un modo, come dire, complesso: c’è un’ottima base di partenza che è quella degli addetti, ma a questo punto la domanda si sposta inevitabilmente sulla qualità dell’offerta turistica a ogni livello. Per esempio, sul fronte alberghiero quale è davvero la situazione? Il comparto ha semplicemente abdicato davanti all’avanzata (senza regole) dei b&b nelle loro varie forme, spesso non proprio trasparenti, limitandosi a una sorta di guerra di posizione o l’apertura di nuove strutture è un primo segnale di riequilibrio?

Ma soprattutto, come coniugare l’offerta culturale con l’avanzata del turismo? Come mettere a frutto le enormi potenzialità del territorio, artistiche e non, in un modo che sia davvero utile e anche etico? Ci si vuole cioè accontentare di una Corsarola presa d’assalto, delle file alla Funicolare e di un turismo «mordi e fuggi», di un comparto food sempre più fast e poco attento alle peculiarità locali, oppure è giunto il momento d’interrogarsi su cosa potrebbe essere davvero la Bergamasca con una visione strutturata e articolata? La vera eredità della Capitale della Cultura è questa: una nuova sfida che richiede nuovi occhi e uno sguardo capace di guardare lontano. Si può, lo dicono i numeri.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA