I migranti a Riace
La sentenza macigno

Riace è un paese di 2 mila abitanti a 125 km da Reggio Calabria, adagiato su un colle che si affaccia sul mar Ionio. Vent’anni fa rischiava di morire di abbandono, come è capitato a tanti borghi italiani. Un attivista, Domenico Lucano, decise di promuovere fra gli antichi edifici l’accoglienza di migranti e di integrarli in quello che restava della comunità locale. I primi stranieri arrivarono nel 1998, quando una nave proveniente dalla Turchia con a bordo 66 uomini, 46 donne e 72 bambini curdi approdò sulle coste sottostanti al paese. Riace Marina era affollata di turisti durante la stagione estiva, mentre Riace Superiore rimaneva svuotata dei suoi abitanti, emigrati al Nord per lavoro. Nel 1999, allo scopo di dare un tetto agli stranieri e riportare vita nel borgo, nacque l’associazione Città Futura. Nel 2004 Lucano si candidò a sindaco: venne eletto con il 35,4% dei voti, confermato nel 2009 (51,7%) e nel 2014 (54%).

Il modello Riace, messo a punto dalla giunta, prevedeva che ai richiedenti asilo fossero assegnate in comodato d’uso le case abbandonate e recuperate del vecchio abitato e che i soldi dei progetti di accoglienza stanziati dal governo fossero usati per borse lavoro e per attività commerciali gestite dagli stessi richiedenti asilo insieme ai cittadini del paese. Questo modello divenne presto famoso in Europa. Nel 2016 Lucano fu citato dalla rivista «Fortune» tra le 50 personalità più influenti al mondo. Nel 2010 il noto regista tedesco Wim Wenders realizzò un cortometraggio su questa esperienza, intitolato «Il Volo».

Ma nel 2016 iniziano i guai. La Prefettura manda due ispezioni, la prima rileva «criticità per gli aspetti amministrativi e organizzativi», la seconda li smentisce. Nel 2017 la Procura di Locri iscrive Lucano nel registro degli indagati per abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata. Il 2 ottobre 2018 viene messo agli arresti domiciliari, il 3 sospeso dall’incarico di sindaco. Dalle carte dell’inchiesta, emerse che assieme ad altre 31 persone allora indagate era accusato - tramite intercettazioni - di aver organizzato due matrimoni di comodo, uno tra un cittadino italiano e un’immigrata nigeriana, per regolarizzarla, e un secondo mai celebrato.

Un’altra accusa riguardava l’affidamento diretto di appalti per la raccolta porta a porta e il trasporto dei rifiuti a due cooperative, senza che fosse indetta una gara d’appalto. All’ex sindaco fu poi contestata la truffa perché tre appartamenti erano «risultati privi di collaudo statico e certificato di abitabilità». L’11 aprile 2019 Lucano è rinviato a giudizio. Durante un’udienza gli viene contestato anche di aver agito per un tornaconto politico-elettorale: ma in un paese di duemila abitanti che cosa ci guadagni a fare il sindaco? Ieri la pesantissima sentenza di primo grado: 13 anni e due mesi di reclusione, quasi il doppio della richiesta dell’accusa (7 anni e 11 mesi), per associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per l’omicidio volontario la media inflitta in Italia è di 12,4 anni (il Codice penale prevede da un minimo di 21 anni all’ergastolo), per quello preterintenzionale è di 8,8 anni (per il Codice da 10 a 28 anni), se colposo da 6 mesi a 5 anni e per le rapine 2 anni.

Ma Lucano dovrà anche restituire 500 mila euro di finanziamenti ricevuti dall’Unione europea e dal governo, che non sono nelle sue disponibilità. In questi anni ci sono stati pronunciamenti sull’inchiesta contrastanti di diversi giudici, del Riesame e della Cassazione, per la quale mancano indizi di «comportamenti» fraudolenti. Per la Suprema Corte non sono provate le «opacità» che avrebbero caratterizzato l’azione di Lucano per l’affidamento dei servizi di raccolta rifiuti alle cooperative: è la legge che consente «l’affidamento diretto di appalti» in favore delle cooperative sociali «finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate» a condizione che gli importi del servizio siano «inferiori alla soglia comunitaria». Il gip nell’ordinanza ha ridotto l’associazione a delinquere a un «diffuso malcostume che non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delineate dagli inquirenti».

La clamorosa sentenza è finita in pasto alla politica. La sinistra ha difeso l’ex sindaco, la destra lo ha attaccato rispolverando il gergo dispregiativo sull’accoglienza dei migranti, la famigerata «mangiatoia». Appellarsi a un garantismo e ad una prudenza (la sentenza contro Lucano non è definitiva) trasversali e non a corrente alternata è una perdita di tempo, soprattutto alla vigilia delle elezioni amministrative.

In settimana Michael Giffoni è stato assolto dopo sette anni e mezzo dall’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina quando era ambasciatore in Kosovo. Nel frattempo è stato sospeso e poi radiato dal ministero degli Esteri, radiazione equivalente per legge ad alto tradimento. In attesa della sentenza, ha avuto due ictus, un infarto, un tumore, è stato lasciato dalla moglie è ha dovuto alloggiare a casa dell’anziana madre campando di quanto restava della pensione della mamma. Ma dalla politica nessuna reazione, seppur si tratti di un ex uomo dello Stato.

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