I giovani in piazza
meritano ascolto

Forse è presto per parlare di un ’68 dell’ambiente, ma è una giornata importante quella di ieri, in cui è andato in scena il terzo Sciopero globale del clima voluto dal movimento dei giovani Fridays For Future, ispirato dalla giovane Greta Thunberg. Solo in Italia, in più di 180 città, è sceso in piazza un milione di giovani con i loro brillanti e sbarazzini striscioni dedicati al pianeta. Un movimento che merita ascolto anche tra i cattolici, benevolmente accolto dalla Conferenza dei vescovi italiani.

Lo sciopero tra l’altro si colloca alla vigilia del Sinodo sull’Amazzonia: associare questi due eventi non è fuori luogo perché entrambi riguardano il futuro del pianeta e un diverso modello di economia e di sviluppo da ripensare e sostenere. Dunque le rampogne dei vari potenti come il presidente francese Macron, che dal pulpito del Palazzo di Vetro ha contrapposto le manifestazioni di ieri e la protesta di Greta alla pulizia volonterosa delle spiagge della Corsica o l’invito di intellettuali come Cacciari a stare in classe per ascoltare la lezione di qualche scienziato non hanno colto il significato dell’evento.

Qui non si tratta solo di fare buone azioni o di tenersi informati. Qui in gioco c’è un modello di sviluppo umano, una filosofia di vita. dettata da un’emergenza.

Qualunque cambiamento epocale (e ripensare allo sviluppo del mondo alla luce dell’ambiente lo è) ha bisogno di una carica quasi utopica, di uno slancio ideale, che solo manifestazioni pacifiche come questa possono dare. Il resto i manifestanti lo faranno tra i banchi di scuola, all’università, nelle loro professioni, nella loro vita di cittadini, accrescendo questa consapevolezza.

Sull’urgenza di un cambio di prospettiva nella considerazione di un’economia sostenibile, ormai non ci sono più dubbi, in questo pazzo autunno che vede persino il ghiacciaio del Bianco sgretolarsi. Di che cos’altro abbiamo bisogno per rendercene conto? Inoltre la distruzione del pianeta genera ingiustizie: lo dice con grande chiarezza Francesco nella «Laudato si’». Il riscaldamento ambientale e gli incendi dell’Amazzonia, come non si stanca di ricordare il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, stanno gettando nella miseria milioni di persone. La protesta, non sappiamo quanto pienamente consapevole, dei ragazzi di tutto il mondo, si inserisce in questo solco di indignazione e di protesta contro le ingiustizie. I cortei di ieri ci dicono che non basta più l’impegno individuale, ma serve una carica sociale, persino comunitaria.

Una visione che contrasta profondamente con quella miope, conservatrice e assolutamente superata dei Trump e dei Bolsonaro, sconfitti dalle parole pronunciate all’Assemblea delle Nazioni Unite da una ragazzina timida, indignata e ribelle che sta cambiando - pacificamente - il mondo.

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