I crimini di guerra: atrocità, non opinioni

MONDO. La difficoltà a stare di fronte alla realtà per come è, a viverla per come si presenta, appartiene a una delle malattie culturali e sociali della nostra epoca.

Il trionfo dell’io sul noi, sul riconoscimento del prossimo e della sua dignità, e il residuo di vecchie ideologie fanno velo alla capacità di prendere atto di ciò che accade. Le opinioni personali assumono così la forza di fatti e a nulla vale la smentita della realtà, appunto. Non a caso viviamo immersi nelle fake news: si prendono per buone false notizie perché assecondano le nostre opinioni. Non è colpa dei social, che hanno invece evidenziato e amplificato questa attitudine guasta, ma di uno sgretolamento della capacità critica anche verso sé stessi, della coscienza di quanto sia preziosa l’onestà intellettuale e non l’aver ragione a tutti i costi.

Il mandato nei confronti di Putin

Quando il 17 marzo 2023 la Corte penale internazionale dell’Aja emise un mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin per crimini di guerra e contro l’umanità in Ucraina, si lessero e si ascoltarono non pochi commenti che attribuirono la decisione al (presunto) atlantismo del presidente della Corte Karim Khan, in quanto britannico (ma di origine pakistana). È la posizione assunta da chi crede che l’invasione su larga scala di uno Stato indipendente e sovrano per soggiogarlo, sia tutta nella responsabilità della Nato per il suo allargamento ad Est. Ma nemmeno Putin sostiene questa unica tesi per giustificare il conflitto: nei suoi discorsi chiama in causa un imminente ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica, che invece non era più all’ordine del giorno da tempo. Soprattutto però, e in particolare nei comizi rivolti al suo popolo, il presidente rivendica la natura imperiale dell’invasione, insistendo sul tasto inquietante dell’«Ucraina non Stato, parte della Russia». Stare di fronte alla realtà significa considerare il crimine per il quale lo zar è sotto mandato d’arresto internazionale: il trasferimento a forza in Russia di migliaia di minori ucraini dai territori occupati e annessi dagli invasori illegalmente. Il fatto contestato è vero? Purtroppo sì, come documentato da una mole di prove fra testimonianze, filmati e fotografie. La Santa Sede infatti sta mediando per il ritorno di bambini e ragazzi dai loro parenti o tutori, avvenuto finora solo per 388.

Stare di fronte alla realtà significa considerare il crimine per il quale lo zar è sotto mandato d’arresto internazionale: il trasferimento a forza in Russia di migliaia di minori ucraini dai territori occupati e annessi dagli invasori illegalmente

Gli stessi sostenitori dell’accusa di atlantismo verso il procuratore Khan hanno invece accolto con soddisfazione la notizia del mandato di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, per crimini di guerra e contro l’umanità nella Striscia di Gaza, emesso dalla stessa Corte dell’Aja. Una dissonanza di giudizio che nasce da posizioni ideologiche. I contrari alla sentenza hanno messo in discussione la serietà del Tribunale attribuendogli finalità politiche. Ma ancora la domanda è: l’oggetto dell’accusa è reale? Riguarda l’aver usato la fame come arma di guerra e l’aver ostacolato l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, fatti accertati da testimonianze dirette di operatori di organizzazioni non governative internazionali che denunciano l’inadeguatezza degli aiuti rispetto ai bisogni di una popolazione che ha perso tutto, compresa l’agricoltura di sussistenza che era vitale per molte famiglie, in un’area fra le più densamente popolate del mondo (5.600 abitanti per chilometro quadrato: in Italia, con la stessa intensità abitativa, ci sarebbero 1,6 miliardi di residenti).

Israele e Hamas sul banco degli imputati

Fra i critici della sentenza, è stata sollevata anche l’accusa alla Corte di aver messo sullo stesso piano Israele e Hamas. Ma le due procedure hanno seguito canali diversi e l’esito è stato reso noto separatamente. Su Mohammed Deif, comandante militare del movimento islamista, che sarebbe stato ucciso dall’esercito dello Stato ebraico a luglio, pende un mandato di cattura per omicidio, sterminio, tortura, stupro e presa di ostaggi nell’eccidio del 7 ottobre 2023, quando i miliziani uccisero 1.200 civili israeliani e ne presero in ostaggio 251. Crimini giustificati dalla parte estremista della causa palestinese come «azione di resistenza».

La presa d’atto della realtà nei conflitti è tanto più necessaria per sottrarre i sopravvissuti all’ingiustizia del mancato riconoscimento dei crimini subiti, per avviare percorsi di riparazione e non consegnare le vittime a sentimenti di vendetta

La presa d’atto della realtà nei conflitti è tanto più necessaria per sottrarre i sopravvissuti all’ingiustizia del mancato riconoscimento dei crimini subiti, per avviare percorsi di riparazione e non consegnare le vittime a sentimenti di vendetta. Un dovere che le parti in causa non riescono a compiere perché prese dal proprio dolore. Ma che è nelle possibilità di chi ha il privilegio di vivere al di fuori dei contesti di guerra e di osservarli da lontano.

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