I conti pubblici
Fatti concreti

La situazione dei conti pubblici italiani è molto seria, e Bruxelles non vuole aspettare oltre. La Commissione vedrà approvata già oggi dai ministri dell’Economia la raccomandazione di aprire una procedura di infrazione per debito eccessivo a carico dell’Italia. Da domani (14 giugno) all’appuntamento decisivo dell’Ecofin del 9 luglio mancano circa tre settimane: entro quel termine il governo italiano dovrà aver dato chiarimenti, rassicurazioni e soprattutto, come ricorda il commissario Moscovici, fatti concreti che incidano realmente sul deficit che schizza in alto e sul debito che per l’anno prossimo è quotato intorno all’insopportabile percentuale del 135% sul Pil.

Fatti concreti significa non vuote promesse: a Palais Berlaymont non si accontenteranno di un piano di riduzione delle agevolazioni fiscali che mai in passato si è riusciti a realizzare a causa delle infinite resistenze; e nemmeno di una promessa di privatizzazioni che, nonostante le cose scritte sui documenti da mesi, sono rimaste ferme.

Tantomeno a Bruxelles vogliono sentir parlare di nuove misure fiscali da fare in deficit, come la flat tax. Ed è questo il punto di rottura nel governo italiano. Dove si sta profilando uno scontro tra politici e tecnici, con Salvini e Di Maio (ma più defilato) da una parte e Conte e Tria dall’altra con il presumibile sostegno del presidente Mattarella oltre che di tutti gli organismi tecnici di Bilancio, dal ministero di via XX Settembre, alla Ragioneria generale, alla Banca d’Italia e via dicendo. Tutti convinti che con la Commissione occorra trattare partendo da una base inconfutabile: i conti davvero vanno corretti, e in fretta. È vero che il ministro Tria ripete – e lo dirà oggi di fronte ai suoi colleghi dei Paesi partner – che la misurazione del deficit fatta dalla Commissione è eccessivamente severa, e che potrebbe rivelarsi sbagliata per eccesso di pessimismo, e infine che dai risparmi sul reddito di cittadinanza e sulla mini-riforma pensionistica si può trovare gran parte delle risorse necessarie per fare quella correzione che viene richiesta e che, nell’immediato, viene quantificata sui 4 miliardi. Ma poi c’è la legge di Bilancio la quale dovrà evitare che scatti l’aumento dell’Iva (23 miliardi nel 2019, altrettanto nel 2020) che sarebbe un’autentica mazzata per i consumi interni.

Bene, i tecnici dicono tutto questo per evitare, usando le parole di Conte, «che si vada a sbattere». Ma i politici, soprattutto Salvini, non ci sentono. Non vogliono passare come quelli che aumentano le tasse per obbedire a Bruxelles, e il leader leghista aggiunge che si deve fare appunto la flat tax, una priorità del governo. Quando Tria ieri sera, al vertice di Palazzo Chigi, gli ha detto chiaro e tondo che non ci sono i soldi per finanziare la cosiddetta «tassa piatta», Salvini si è alzato e se ne è andato, ha abbandonato la riunione e si è rifatto vivo pochi minuti dopo con una lunga diretta Facebook dalla terrazza del suo appartamento da ministro dell’Interno. Più chiaro di così.

Ora la situazione è la seguente. Chi va a Bruxelles a trattare, cioè Conte e Tria, prova a ottenere un compromesso benevolo dagli eurocrati ma non ha un mandato pieno da parte dei leader politici (che restano a Roma e non hanno il problema di litigare con Moscovici e Dombrovskis) e quindi si presenta a mani vuote, dunque con scarsa credibilità e minima forza negoziale. Nel frattempo la Commissione va avanti a passo spedito e, pur dicendo che «le porte sono aperte», di fatto si prepara a commissariarci. Che faranno a quel punto, dopo la fatidica riunione del 9 luglio dei ministri finanziari, Salvini e Di Maio? Il leader leghista farà saltare il governo pur di non intestarsi una manovra lacrime e sangue? Ci si prepara a un nuovo governo tecnico da maledire per poi andare a votare «contro l’Europa matrigna»? Il gioco lo conduce Salvini, i grillini, sfiancati dalle sconfitte elettorali, stanno sostanzialmente a guardare e aspettano le mosse dell’alleato. Ma ancora non è chiaro cosa il leader leghista abbia intenzione di fare. Tranne, si intende, le dirette Facebook inveendo contro i gabbiani di Roma e «la mondezza della Capitale».

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