Guerra fredda
alle porte

Una nuova Guerra Fredda è alle porte. Questa volta i contendenti sono gli Stati Uniti e la Cina. Forse così si cureranno indirettamente i mali di una globalizzazione scappata dal controllo occidentale. Lo scontro tra Washington e Pechino tocca ormai livelli preoccupanti: dalle imposizioni dei dazi sul commercio bilaterale si è passati alle accuse sul coronavirus. Gli Stati Uniti denunciano ora pure una campagna di disinformazione, messa in atto dagli hacker dell’«Impero celeste», per ulteriormente fomentare gli animi sui social media americani dopo la tragedia di George Floyd. Localmente, ad Hong Kong la rivolta è ripresa con violenza dopo mesi di quiete apparente e a Taiwan si incomincia ad alzare la guardia per non farsi prendere di sorpresa.
La seconda Guerra Fredda sarà, però, diversa dalla prima soprattutto per la differenza militare tra i due Paesi che si contendono la leadership globale. La Cina non è l’Unione Sovietica, ecco quindi che il terreno di lotta sarà principalmente il commercio, l’innovazione tecnologica, la competitività, il mondo cyber, l’intelligenza artificiale.

Hong Kong addirittura come Danzica nel 1939? Difficilmente, si spera, si arriverà a qualcosa di così funesto, con il rischio di provocare la Terza guerra mondiale. La cultura politica dei due Paesi è diversissima: gli americani hanno un approccio pragmatico; i cinesi concettuale. I primi non hanno mai avuto realmente un avversario che si affaccia sui loro confini; i secondi, invece, sì. Gli americani ritengono che ogni problema abbia una soluzione, mentre i cinesi pensano che ogni soluzione serbi in sé ulteriori problemi.

Il livello dello scontro si è ancor più elevato, quando Donald Trump si è reso conto che Pechino stava mettendo in serio pericolo il primato del dollaro e della tecnologia statunitense. Al G7 di Washington di quest’anno, rimandato adesso a settembre, il capo della Casa Bianca ha invitato anche la Russia e l’India, con l’obiettivo di allargare il fronte anti-cinese. Il nodo geostrategico insoluto è che dal 2014 la crisi ucraina ha buttato Mosca tra le braccia di Pechino. Il gap militare cinese rispetto agli Usa potrebbe essere colmato proprio dai russi. Uno scenario questo che fa tremare i polsi. Ma intanto al confine tra India e Cina la tensione si taglia col coltello.

Bisognerà avere paura di questa nuova Guerra Fredda? No, se si saprà come affrontarla e non si sbaglieranno le alleanze, ricordando che la Cina non è un Paese democratico e liberale. L’Europa occidentale, è bene non dimenticare la storia, si è ricostruita dopo un disastroso conflitto mondiale e si è arricchita tantissimo nei decenni durante lo scontro tra Usa e Urss. In futuro, certamente la delocalizzazione segnerà il passo. Anzi parecchie produzioni, torneranno indietro, soprattutto quelle che potrebbero essere considerate strategiche o ad alto contenuto tecnologico. Non importa se alcuni costi aumenteranno.

Ma ci si rende conto che l’Europa, prostrata dalla pandemia, è dipesa per settimane dalle consegne di mascherine e materiale sanitario dalla Cina? Si attenueranno anche lo spostamento verso altri mercati di ricchezze dal mondo industrializzato - vera causa dell’impoverimento delle classi medie occidentali - e la folle corsa verso profitti astronomici di finanziatori senza scrupoli. Con Joe Biden alla Casa Bianca cambierà qualcosa? Quasi sicuramente no. Verranno moderati i toni, ma già Barack Obama aveva costruito in Asia-Pacifico un’alleanza anti-cinese, poi smembrata da Donald Trump. Due colossi stanno per scornarsi, meglio mettersi al riparo.

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