Governo-Regioni
A ciascuno il suo

La drammatica evoluzione della pandemia nel nostro Paese sta mettendo in luce tutte le manchevolezze, gli errori, i ritardi degli scorsi mesi, allorché – usciti quasi miracolosamente da un’emergenza devastante – troppe maglie sono state allargate, troppi problemi sono stati sottovalutati, troppa leggerezza si è vista (e tollerata) nei comportamenti di parte significativa della popolazione. Non soltanto discoteche e aperitivi a gogò, ma anche diffuse disattenzioni nell’abbandono delle cautele che si erano tenute nella fase cruciale della diffusione del virus. Di fronte a questo quadro inquietante polemiche sterili e accuse incrociate hanno contraddistinto il confronto politico, ridotto troppe volte a stucchevoli dichiarazioni di parte prive di contenuti e di chiarezza di intenti. Per non parlare dei dibattiti televisivi, privi quasi sempre di spessore e a volte finiti in risse da cortile. Ma ancor più preoccupante si dimostrano le incertezze nell’azione di governo. Sia al centro, da parte del governo Conte, sia sul territorio, da parte di presidenti di Regioni e sindaci.

Il dipanarsi dei decreti del premier, il sovrapporsi di quelli dei presidenti di Regione, le ordinanze dei sindaci si incrociano in una babele di norme, che impedisce un’azione efficace ad ogni livello, che finisce per rendere insufficiente l’abnegazione e il sacrificio di chi sta in prima linea (nuovamente come la scorsa primavera) nell’affrontare un nemico senza volto che tutto sembra poter travolgere.

Anche a voler tener conto della difficoltà di decidere ogni giorno cosa sia più giusto fare, è innegabile che stiamo scontando la carenza di visione della politica nazionale e di quella locale, le conseguenti incertezze nelle soluzioni da adottare, l’impreparazione e la pochezza di parte non indifferente di coloro ai quali i cittadini hanno affidato il compito di governare. A livello statale come a quello regionale e municipale. Questo il quadro attuale, il quale naturalmente è frutto di una storia, di stratificazioni di leggi, di qualità degli apparati pubblici. Questioni sulle quali occorrerà riflettere in futuro, ma delle quali già adesso serve capire le origini. Due sono principalmente gli aspetti da considerare: una grave falla giuridica e una desolante insipienza politica. La prima è data dallo sciagurato rovesciamento – contenuto nella legge costituzionale n. 3 del 2001 – dell’articolo 117 della Costituzione. Da quel momento alcune importanti funzioni, fino al quel momento di pertinenza statale, sono passate alle Regioni. Tra esse la funzione della sanità. Quello storico errore è drammaticamente venuto alla ribalta nella gestione dell’emergenza sanitaria. Ha prodotto complicazioni decisionali già nella prima fase ed è diventato ancor più devastante in questa seconda ondata del virus. Con un progressivo aggravio dato dalla perniciosa tendenza allo scaricabarile. Alcuni presidenti di Regione accusano di ingerenza il governo quando vengono emanati i Dpcm, giudicandoli inadeguati, a volte troppo rigorosi, a volte troppo blandi. Ma, se sono chiamati a scelte ardue, chiedono alla Stato «paterno» di intervenire al loro posto. La deresponsabilizzazione del livello regionale è divenuta la cifra principale di questo delicato e difficile momento, nel quale occorrerebbe compattezza negli indirizzi, unità di intenti, vocazione a far prevalere l’interesse generale e non quello della propria parte politica. Su questo terreno gli interventi del presidente della Repubblica sono stati numerosi e sempre più intrisi di legittima preoccupazione innanzi a un evidente sfilacciamento dei rapporti tra i diversi livelli di governo. Occorre sperare – a dispetto di segnali non del tutto incoraggianti - che prevalga un soprassalto di responsabilità, che si faccia strada l’idea che questa dura battaglia si potrà vincere se i presidenti di alcune Regioni, a quali impropriamente viene dato il titolo (che non hanno e non meriterebbero) di «governatori», smettessero di considerarsi dei capi di piccoli staterelli entro i confini dello Stato nazionale.

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