L'Editoriale
Giovedì 19 Settembre 2019
Governo, chiavi
in mano a Renzi
Tutte le votazioni a scrutinio segreto sulle autorizzazioni a procedere danno luogo a strappi e polemiche, soprattutto quando l’aula ribalta il parere dell’apposita Giunta: è successo ieri quando la maggioranza della Camera ha negato gli arresti domiciliari per un deputato di Forza Italia accusato di finanziamento illecito e corruzione e per il quale la Giunta, appunto, aveva dato parere favorevole alla richiesta del giudice.
Nella sede ristretta, Pd e M5S avevano votato di comune accordo per gli arresti, contro tutto il centrodestra. In aula invece ben 74 franchi tiratori hanno salvato il deputato. Va da sé che i più sospettati di non aver rispettato i patti sono i democratici e soprattutto i renziani mentre i grillini devono ora vedersela con nuove bordate di accuse da parte di una base inferocita. Sta di fatto che alla prima votazione importante – non su materie di governo, beninteso, ma «di coscienza» – si è visto plasticamente quanto possa essere sottile il filo che lega democratici e grillini che oggi siedono l’uno accanto all’altro in Consiglio dei ministri ma continuano a disprezzarsi reciprocamente.
Giustamente i grillini hanno interpretato il voto della Camera come un modo per metterli in difficoltà con il loro elettorato. E, guarda il caso, è proprio Renzi – o meglio, i suoi ventisei deputati con cui costituirà il nuovo gruppo parlamentare di «Italia viva» - il principale sospettato. Insomma, cominciamo bene.
In queste ore tutti si interrogano su quale sarà l’atteggiamento di Renzi nei confronti del governo. Semplice: come quello di chi può determinarne la caduta appena gli giri l’uzzolo. È ufficiale che al Senato «Italia Viva» potrà contare su tredici parlamentari. Il governo attualmente ha una maggioranza di cinque voti. Se quei tredici votano contro o anche si assentano alla prima occasione buona, il governo va sotto. Se va sotto su una materia importante o determinante – manovra economica, taglio dei parlamentari, riforma della giustizia, ecc. – il governo semplicemente cade. Conte va a casa. E Salvini finalmente ottiene le sue elezioni. Obietta Renzi: per quale ragione dovrei far cadere un governo che ho messo in piedi io con la mia iniziativa? Obiezione fondata. Infatti Renzi non vuole farlo cadere (per ora) ma vuole tenerlo sulla corda. Più lui farà ballare Conte, Zingaretti e Di Maio, più riacquisterà la centralità che gli manca da quando è uscito da Palazzo Chigi e dalla segreteria del partito. Del resto, fateci caso: quando il governo ancora non si era formato, Renzi lo disse chiaro e tondo: «Lo sosterremo se sarà in grado di far aumentare il Pil e di fare una politica di crescita dell’economia». È una condizione precisa.
Cosa accadrà poi? Poi si vedrà. Per l’intanto Renzi deve solo allargare i suoi gruppi parlamentari (ieri è arrivata una senatrice di Forza Italia e si pensa che possa non essere l’unica) e fare il suo gioco incassando tutto il dividendo politico possibile.
Nel frattempo chi rischia è il Pd la cui iniziativa politica rischia di apparire al traino di quel che fa Renzi, così scolorendo ancor di più la leadership di Nicola Zingaretti, di per sé non particolarmente brillante. Per questa ragione i democratici dovranno necessariamente accentuare il loro carattere «di sinistra» per potersi giovare di una più netta identità. Anche se Roberto Speranza, neoministro della Salute per conto di LeU, lo nega, è fatale che gli scissionisti del Pd che se ne andarono dal Pd perché non volevano più stare insieme a Renzi, ritornino a casa, che ora è assai più simile a quella dei Ds di dalemiana memoria.
Insomma, il governo ora è sicuramente più fragile, e la fragilissima alleanza Pd-M5S può essere messa a dura prova ogni giorno: presto arriverà il momento di fare delle scelte difficili e concrete, di governo, e sarà lì che Renzi affonderà il coltello.
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