Giovani di pace
Un altro mondo

Pace è parola oggi iscritta nel vocabolario buonista. Il cinismo dei tempi vede solo il lato dell’umanità malevolo e accaparratore. Non a caso dilaga il sospetto. Chi opera per il prossimo deve avere per forza qualche tornaconto, la gratuità non è contemplata. Chi invece ha la testa e il cuore sgombri da pregiudizi constata l’esistenza di tante persone impegnate per migliorare il mondo, a partire dai piccoli gesti quotidiani. In questo fine settimana Bergamo sarà invasa da migliaia di ragazzi e di adulti arrivati da tutta Italia e dall’estero per partecipare al 6° Appuntamento dei Giovani della pace.

Una ventata di freschezza, un antidoto al clima cupo e rassegnato dei tempi. L’iniziativa è organizzata dal Sermig (Servizio missionario giovani), fondato nel 1964 a Torino da Ernesto Olivero e dalla moglie Maria, morta pochi giorni fa. «La pace – ha detto Olivero in una recente intervista a L’Eco - non è un’idea o un valore astratto, non è una bella parola con cui riempirci la bocca in alcune occasioni. Per viverla non basta fare una marcia ogni tanto, scendere in piazza o gridare qualche slogan. La pace è una scelta del cuore e dell’intelligenza ed è prima di tutto un fatto di giustizia. Si radica nella storia solo se diventa stile di vita di un pugno di persone, a partire da me. “Pace sì e comincio io” potremmo sintetizzare ed equivale a scelte quotidiane: sobrietà di vita, battersi contro le disuguaglianze, non lasciare solo nessuno, rifiutare lo scontro, scegliere il dialogo. Allora la pace diventa attraente e contagia. E fa la differenza».

Da questo concetto è nata un’opera bellissima. Olivero, grande uomo e grande cristiano, al quale Bergamo ha assegnato la cittadinanza onoraria, ha lavorato in alcune industrie torinesi e poi in banca. Dal 1991 si dedica totalmente alla sua «creatura», sostenuto da un gruppo di giovani impegnati nel contrasto alla fame, a promuovere sviluppo e solidarietà verso i più poveri. La sede è l’Arsenale della pace di Torino, assegnato dal Comune nel 1983 in comodato d’uso: era un arsenale militare dove vennero realizzate buona parte delle armi usate dall’Italia nelle due Guerre mondiali.

Oggi è un luogo di convivenza, di dialogo, di formazione dei giovani, di accoglienza delle persone disagiate, aperto 24 ore su 24. Il numero di attività svolte è impressionante ma a colpire è la qualità dell’azione. Olivero ha un’attenzione particolare alle nuove generazioni: «In ogni ragazzo che incontro – ha detto ancora nell’intervista a L’Eco - vedo la bellezza infinita che racchiude e che spesso non sa di avere. Quando se ne rende conto, quando è aiutato a tirar fuori il bene che c’è rifiorisce, diventa indomabile. Bisogna aiutare i giovani, quasi uno ad uno, a ritrovare la strada che li conduce dentro loro stessi, aiutarli a ritrovare fiducia in sè stessi e nella vita, aiutarli a credere in loro stessi e nella loro capacità di assumersi responsabilità per il bene comune. Bisogna aiutarli ad avere il coraggio di dire i sì e i no che contano nella vita. No alla droga, no ai compromessi, sì ad una vita spesa per grandi ideali. Giovani così possono cambiare il loro pezzo di mondo e proiettarlo nel domani». L’incontro con Olivero ha cambiato molti di loro, come dimostrano quelli che hanno formato l’unico gruppo territoriale del Sermig in Italia, a Bonate Sopra, e tanto si sono spesi per organizzare l’appuntamento di Bergamo.

Olivero ha la capacità di tenere insieme l’attenzione ai bisogni locali e a quelli internazionali, che oggi invece vengono contrapposti. In oltre 50 anni il Sermig ha realizzato 3.400 progetti di sviluppo a favore di 154 Stati e almeno 77 azioni di pace in Paesi in guerra (tra cui la risoluzione all’assedio della Basilica della Natività di Betlemme nel 2002). Domani nei «Dialoghi con la città» e poi dal palco in piazza Vittorio Veneto prenderanno la parola altre persone capaci di vincere il male. Ne citiamo solo tre: Giorgia Benusiglio, salvata a 17 anni dopo una necrosi di fegato causata da mezza pasticca di ecstasy, oggi gira l’Italia per parlare con i ragazzi e far comprendere loro i rischi legati all’assunzione di stupefacenti; Vito Alfieri Fontana, ex produttore delle micidiali mine antiuomo, capaci di uccidere o di amputare le gambe, che ha chiuso l’azienda di famiglia ed è diventato sminatore nei Balcani; il parroco di Aleppo, padre Ibrahim Alsabagh, che nella Sarajevo siriana ha fatto della sua parrocchia un luogo di aiuto aperto anche ai musulmani, l’oratorio estivo con 800 bambini e il cibo gratuito per 3 mila famiglie. Persone che testimoniano come il male non ha l’ultima parola e il bene può essere contagioso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA