Germania, i verdi
risucchiati dal diluvio

In piena campagna elettorale per il rinnovo del Bundestag la Germania vive per la prima volta nella storia il mutamento climatico al centro dell’agenda politica. Sarà il riscaldamento globale a decidere il nome e il destino del prossimo cancelliere. Nel Paese che ha dato per primo i natali al movimento ecologista e alla sua affermazione politica, i Verdi vengono risucchiati dall’alluvione che ha devastato l’ovest della Germania. Al 14 maggio 2021 erano al 25 per cento nei favori dell’opinione pubblica e la Cdu al 23 per cento, due mesi dopo sono al 19 per cento, mentre i cristiano-democratici sono balzati al 30 per cento. Per la prima volta hanno un candidato cancelliere, ma è come se non l’avessero. Annalena Baerbock ha twittato il suo cordoglio e la vicinanza alle popolazioni colpite ma ciò che conta in queste situazioni non è la purezza ideologica del predicatore ecologista. Contano i fatti. E quelli sono tutti dalla parte della Cdu. Il candidato a succedere ad Angela Merkel è presidente del Nord-Reno-Westfalia, l’epicentro dell’alluvione e quindi il campo di battaglia dove la politica decide delle sorti dei contendenti. La presenza di Armin Laschet è pari all’impegno organizzativo profuso dal governo del Land. Costante e mediaticamente intenso.

Le alluvioni portano rovina alle popolazioni colpite. Dei danni per ora catalogati si pensa che solo il 47 per cento potrà essere rimborsato dalle assicurazioni. Gli uffici legali dei grandi gruppi assicurativi sono già mobilitati per rifiutare indennizzi.

Molte delle istituzioni preposte alla tutela dell’ambiente hanno sottovalutato l’allarme e non hanno avvisato per tempo. In Germania il corso dei fiumi è messo in sicurezza anche sul piano geologico, si sono attuate misure di prevenzione, ma se la bomba d’acqua di 24 ore contiene una quantità di pioggia assimilabile alle precipitazioni di oltre due mesi, occorre essere accorti e solerti. I tempi di reazione sono determinanti.

La buona organizzazione da sola non basta. Ci vuole la consapevolezza che in Europa l’episodicità dei fenomeni climatici estremi non è più tale. Succede quello che in alcuni Stati Usa è diventata regola: ogni anno ci sono uragani e devastazioni. Hanno dunque ragione i Verdi a rivendicare le ragioni del cambiamento climatico. Sono stati pionieri di una lotta che ora è di tutti. Hanno solo un difetto: sono ideologici. Hanno sposato la causa del politicamente corretto. La candidata Annalena Baerbock ha i requisiti del momento: è donna, ha quarant’anni, ha sufficiente ambizione e determinazione per imporsi. Il copresidente dei Verdi Robert Habeck ha esperienza politica, è più vecchio di qualche anno ed è uomo. Ha meno ambizione, ma più saggezza di governo. Troppo normale per un mondo dove la diversità è la bandiera. La prima candidata verde alla cancelleria si dimentica di denunciare le entrate extra stipendio, scrive un libro dove alcuni passaggi sembrano presi da altri. I ceti urbani sono sensibili al rinnovamento e disposti a rischiare ma la Baerbock rischia di cadere là dove è paladina: l’integralismo.

La lotta al surriscaldamento climatico è ambiziosa. Da Bruxelles arrivano numeri come liete novelle. Azzerare le emissioni automobilistiche entro il 2035 suona smart. Poi bisogna vedere cosa vuol dire per un settore industriale come quello italiano, per esempio, che è specializzato nella fornitura di componenti di qualità dei motori a combustione. Basteranno i prossimi quattordici anni a riconvertire il settore all’elettrico? E con quali costi per le imprese, i lavoratori e il tessuto sociale? E questo spiega perché nel dubbio vale l’usato sicuro: Angela Merkel e il suo partito. Questo spiega la battuta di questi giorni: Chiellini candidato cancelliere? Perché no? Lui sì che è un professionista.

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