G7, evitare le illusioni. Quei leader azzoppati

ITALIA. La splendida cornice di Borgo Egnazia, i sette Grandi del Pianeta (ultimamente un po’ meno grandi dal punto di vista geopolitico), Papa Francesco, Volodymir Zelensky.

La guerra, la fame, l’Africa, il Medio Oriente. Cosa aspettarsi da questo G7 di casa nostra, con la premier Giorgia Meloni a far gli onori di casa, a parte la tradizionale «photo opportunity» finale? Non bisogna farsi tante illusioni: sarà un vertice molto «leggero» e aleatorio quello che si svolgerà in mezzo alle masserie (il cui arredo, pare, è stato personalmente curato da Giorgia Meloni fin nei dettagli), per due serie di ragioni. La prima è «esterna» («esogena» direbbero gli storici o gli economisti), perché nonostante l’ampio parterre di ospiti e il calendario fitto di incontri bilaterali (il presidente brasiliano Lula, il Pontefice, gli autocrati egiziani Al-Sisi ed Erdogan, il riconfermato Modi a capo del subcontinente indiano, re Abdallah di Giordania, lo strambo presidente argentino Milei con la sua motosega e il suo aspetto alla Elvis) mancano gli altri veri Grandi capaci di guidare e contrattare le sorti del mondo, in un Pianeta sempre più multipolare. Ai tavoli dove verranno ammanniti dagli chef grissini, pesto, brodetto, lasagne e tortellini accompagnati da calici di Ferrari, Sassicaia, e Tignanello ci saranno molti convitati di pietra, a cominciare dalla superpotenza Cina e dalla Russia di Putin e dei Paesi del Far East.

Ma vi è soprattutto una debolezza interna con cui il summit deve fare i conti. A parte la nostra premier, rafforzata nel suo mandato, ci sono diverse «anatre zoppe» in questo consesso mondiale, quasi tutte. Il primo è Emmanuel Macron, che ha già annunciato le elezioni anticipate e che è stato letteralmente spazzato dall’onda nera del Rassemblement National di Marine Le Pen. Il presidente francese si prepara probabilmente alla quarta «cohabitation» della storia di Francia (dopo Mitterrand, Balladur e Chirac), costretto a convivere con un governo che sta sulla sponda opposta. La sua testa sarà certamente a Parigi e alle convulsioni dei gollisti di queste ore. La leader della Commissione Ue Ursula von der Leyen (per non parlare del presidente uscente del Consiglio europeo rinnovato Charles Michel) ha un ruolo puramente istituzionale, a brevissima scadenza, e di bassissima caratura politica. Non si sa nemmeno se verrà rieletta. Il premier britannico Rishi Sunak è sotto elezioni e con un mandato in scadenza. E che dire del cancelliere Olaf Scholz, asfaltato dalla marea nera dell’Afd? Persino il primo ministro giapponese Fumio Kishida è reduce da una batosta politica e fa il paio con il presidente canadese Justin Trudeau, il cui potere è appannato da tempo per problemi legati all’immigrazione e alla crisi degli alloggi nel Paese degli aceri. Un po’ meno ammaccato degli altri pare il presidente Joe Biden, ma bisogna considerare l’ombra della condanna del figlio Hunter che lo impensierisce anche in vista della campagna elettorale e della sfida di novembre con Donald Trump.

In questo vertice di azzoppati, come dicevamo, l’unica in buona salute politica è Giorgia Meloni. Che saprà certo sfruttare la situazione. Le difficoltà degli altri Grandi rimpiccioliti però rischiano di rendere il vertice puramente interlocutorio, bruciando il capitale politico accumulato dalla presidente del Consiglio. Dunque sul piano dei risultati concreti che vadano oltre la passerella, i gemelli in argento in omaggio, le borse di pelle e gli altri gadget, una bellissima vacanza in un resort di lusso e uno sfolgorio turistico di immagine per l’Italia, è lecito essere piuttosto pessimisti.

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