Forza Italia e un futuro che si gioca in Europa

ATTUALITÀ. E adesso? Da quando lunedì mattina si è diffusa la notizia della morte di Silvio Berlusconi è questa la domanda più ricorrente. Prevalentemente su due livelli, economico e politico.

Ovvero, che ne sarà del multiforme impero di famiglia e (soprattutto) di Forza Italia? Quest’ultima partita si annuncia lunga, complessa e con orizzonti che vanno ben al di là del centrodestra propriamente detto, ma anche del quadro nazionale. La prospettiva degli azzurri è quella del Ppe, quel Partito popolare europeo dove sono da sempre componente consolidata e importante.

A maggior ragione adesso, con un centrodestra nazionale che ha radicalmente cambiato trazione spostandosi in modo netto su Fratelli d’Italia. C’è chi, come Giuliano Urbani, tra i padri nobili del partito, è convinto che gli azzurri non sopravviveranno alla scomparsa del proprio fondatore. Anche perché l’assetto di Forza Italia è sempre stato improntato sul culto della personalità del leader, il che ne ha automaticamente impedito un ricambio e anche l’indicazione di un possibile delfino. Che nonostante qualche tentativo passato (ricordate Angelino Alfano?) e l’attuale ruolo centrale di Antonio Tajani di fatto non esiste.

In un certo senso la politica berlusconiana (e dei suoi fedelissimi, dagli assetti mutanti secondo le circostanze...) ricorda una delle «pinturas negras» di Goya, quella dove Saturno divora i suoi figli. Chi più chi meno, chi prima chi dopo, in Forza Italia tutti hanno avuto un destino simile, o comunque tale da rendere difficilmente praticabile l’idea di un successore. A maggior ragione con un partito i cui destini ora sono nelle mani degli eredi dello scomparso leader: destini economici prima ancora che politici. Perché Forza Italia sta in piedi grazie ai finanziamenti di famiglia: e il debito si aggira sui 90 milioni di euro.

A questo punto gli scenari possibili sono differenti: c’è chi vaticina un fuggi fuggi generale, in direzione delle truppe meloniane o verso la Lega. Ma anche chi pensa a un nuovo soggetto di centro capace di allargarsi in parte verso una destra moderata ma anche ai delusi del Terzo polo e di un Pd che la Schlein sta portando con decisione sempre più a sinistra. Per la cronaca, Matteo Renzi si è chiamato subito fuori da qualsiasi disegno del genere, ma si sa che in politica le cose cambiano molto velocemente.

Eppure è molto probabile che sul medio termine le cose non cambino affatto. Che cioè Forza Italia, passato il momento di legittimo (e umano) sbandamento, resti lì a giocare il suo ruolo di centro in una prospettiva nazionale ma anche e soprattutto europea. Il Ppe non può permettersi il lusso che una componente così importante venga «cannibalizzata» da un partito conservatore (dai partner spesso discutibili) come quello della premier, e nemmeno che finisca nella sfera d’influenza di una Lega che, come aveva acutamente osservato Tajani, non ha ancora deciso cosa fare della propria collocazione.

La partita è quindi molto ampia e complessa e con le elezioni europee (e anche un consistente pacchetto di Comuni) alle porte la prossima primavera, un’accelerazione così improvvisa potrebbe risultare incontrollata e incontrollabile per tutti: per un Ppe che deve ribadire il proprio ruolo centrale in Europa ma anche per una Meloni forse non ancora così forte da lanciare una sorta di Opa nei confronti degli azzurri. Che paradossalmente, sulla scorta dell’inevitabile onda emotiva, potrebbero persino aumentare un consenso che ora li vede terza forza di un centrodestra che per lunghissimo tempo hanno guidato.

Di certo si è chiusa un’era per la politica nazionale e il centrodestra: ora si apre quella del futuro di un partito che vorrebbe continuare nel solco del berlusconismo, ma senza più Berlusconi. Difficile, forse impossibile. Ma lo spazio politico è sempre lì, al centro. Il problema è occuparlo, con il rischio però di venire occupati.

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