Fisco, l’evasione e lo strabismo

Nel suo discorso alla Camera Giorgia Meloni ha annunciato «una serrata lotta all’evasione fiscale a partire da evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva», che deve essere «vera lotta all’evasione, non caccia al gettito» e sarà accompagnata da «una modifica dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate, che vogliamo ancorare agli importi effettivamente incassati e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora».

Non sappiamo quanta efficacia avrà questa annunciata serrata lotta all’evasione fiscale. Di certo sarà originale, se il buongiorno si vede dal mattino. Innanzitutto nel suo discorso la neo premier ha subito aggiunto che ci sarà una tregua fiscale, che è una delle tante declinazioni avvicendatesi nel corso della storia della Repubblica per dire condono fiscale (pace fiscale, patto fiscale, scudo etc.). Significa che chi non ha pagato le tasse ed è in debito con lo Stato verrà condonato pagandone solo una parte, in barba a chi le ha pagate tutte. Tutto questo, come è noto, serve a fare cassa. Dunque in contraddizione con la frase «non caccia al gettito ma vera lotta», perché qui siamo di fronte alla quintessenza della caccia al gettito.

Per carità, nulla di nuovo. Tra il 1973 e il 2019 di condoni ce ne sono stati 25, utili a far sì che nelle casse dello Stato, calcola Bankitalia, entrassero circa 62 miliardi di euro. Pochi, maledetti e subito, verrebbe da dire. Poiché è stato calcolato, sempre da Via Nazionale, che se l’Italia avesse riportato l’evasione a livelli europei, nell’ultimo decennio di miliardi ne avrebbe incassati 1.500. Fa bene la premier (o il premier, come lei preferisce farsi chiamare) a sottolineare che gran parte dell’evasione in Italia oggi arriva dalle grandi multinazionali digitali (ne abbiamo parlato più di una volta in passato) ma il problema è più di tipo internazionale che nazionale. Resta il fatto che l’Italia ha il doppio dell’evasione della media europea. Dunque il famoso e antico detto di Benjamin Franklin che nella vita di certo ci sono solo la morte e le tasse in Italia non è applicabile. In Italia di certo c’è solo la prima.

C’è poi la punzecchiatura severa all’Agenzia delle Entrate, accusata di manipolare i risultati poiché calcola nelle somme ottenute anche le semplici contestazioni. Che anche in questo caso è un modo francamente originale per iniziare una lotta all’evasione: accusare il proprio servizio di riscossione. Che è un po’ come se un ministro dell’Istruzione se la prendesse con la presunta pessima qualità del personale scolastico e del corpo docente nel giudicare il livello culturale degli studenti. Un altro aspetto che stona in questo discorso della «serrata lotta all’evasione» è l’innalzamento del tetto del contante da utilizzare. Il programma congiunto del centrodestra non definisce la cifra ma come è noto la Lega ha presentato uno progetto di legge che lo porta da 2mila a 10mila euro. Ora, al di là del detto e non detto, ci sono evidenze scientifiche, sempre a cura del’Ufficio studi di via Nazionale, che il contante agevola i pagamenti in nero e quindi aumenta il sommerso, che come è noto permette di non pagare tasse e imposte. Se si paga una prestazione o un prodotto con il denaro si può fare a meno dello scontrino fiscale, come invece sarebbe impossibile con la carta di credito o il bancomat, per via dell’incrocio dei dati sempre possibile da un controllo.

Si ha come l’impressione che la linea di Giorgia Meloni sulla politica fiscale sia piuttosto strabica: da una parte promette dura lotta all’evasione ma dall’altra strizza l’occhio a chi non disdegna il ricorso al sommerso. Sono solo pregiudizi? I fatti ci diranno la vera direzione presa dal governo di Giorgia.

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