L'Editoriale
Mercoledì 15 Gennaio 2025
Ferrovie ko, le eredità e le priorità sbagliate
ITALIA. Nell’arco di pochi giorni si è assistito a tre momenti di paralisi del sistema ferroviario, entrambi su linee di grande traffico, l’una nell’Italia settentrionale, l’altra nel segmento Napoli-Roma (con ovvie ricadute sui convogli indirizzati a Nord), l’ultima il 14 gennaio a Termini.
Di qui, come hanno sottolineato i notiziari, scene di «normale» frustrazione, nonché di avvilimento e irritazione dei malcapitati cittadini che si erano affidati al trasporto ferroviario per ragioni private, ma anche per impegni lavorativi. Momento di cattiva sorte, si potrebbe argomentare, ma che non giustifica una realtà che necessita di accurate riflessioni. Basti ricordare il famoso chiodo che produsse effetti serissimi sull’intera rete. Non meno preoccupante il fatto che nell’ottobre dello scorso anno un treno ad alta velocità tra Roma e Torino è arrivato a destinazione in ritardo per 31 giorni (cioè tutti).
Facile, di conseguenza, strapparsi le vesti; più difficile trovare una soluzione praticabile al problema ferroviario. Questione, occorre ribadirlo, non semplice, perché strettamente connessa alle scelte di governo nell’intero arco della storia unitaria. Al momento dell’unificazione nazionale del 1861 la gestione del servizio era nelle mani di società private e tale rimase fino all’inizio del XX secolo. Nel 1905, dopo un lungo percorso nel dibattito parlamentare, si pervenne ad una legge di «statizzazione» delle ferrovie che si iscriveva nella radicale trasformazione del sistema amministrativo voluto da Giovanni Giolitti. La concessione ferroviaria fu il primo – e uno dei più importanti - tasselli dello «Stato imprenditore». L’Azienda di Stato era una assoluta novità, cui seguirono la pubblicizzazione di altri segmenti dell’amministrazione italiana, con la creazione ai altre «aziende di servizio», a cominciare dalle Poste.
A rallentare il necessario ampliamento delle reti ferroviarie fu la scelta di privilegiare la costruzione di autostrade, con la conseguente moltiplicazione della quantità del trasposto su gomma
La storia di Fs
Al suo sorgere le Ferrovie dello Stato avevano circa 19.000 chilometri di strada ferrata, che nel 1939 arrivarono a oltre 40.000 chilometri. Nel dopoguerra – a causa degli eventi bellici – le ferrovie poterono contare su meno di 20.000 chilometri di rete. Il «problema ferroviario» si poneva, quindi, come uno dei capisaldi della ricostruzione posta-bellica. Ma tale, fondamentale aspetto del rilancio economico del Paese non ha trovato, per decenni, un adeguato spazio nelle politiche di governo. A rallentare il necessario ampliamento delle reti ferroviarie fu la scelta di privilegiare la costruzione di autostrade, con la conseguente moltiplicazione della quantità del trasposto su gomma. Tanto per le persone, quanto per le merci. Negli ultimi decenni si è seguita la strada dell’ulteriore trasformazione del sistema ferroviario, attraverso la privatizzazione dell’Azienda di Stato in ente pubblico economico. Sistema che ammetteva la possibilità di un meccanismo di concorrenza, già previsto in altri Stati simili al nostro.
Perché, dunque, non si stabilisce un piano straordinario (e strategico) per la modernizzazione della rete ferroviaria sull’intero Paese?
La nascita di «Italo»
La nascita di «Italo» non ha risolto i problemi, poiché l’anello debole del sistema ferroviario continua ad essere la scarsa manutenzione e gli inadeguati controlli sul funzionamento del trasporto. In sintesi, si può dire che per la rete ferroviaria siamo ancora all’anno zero. Sui disagi ferroviari il ministro delle Infrastrutture si difende, affermando egli si trova ad affrontare problemi risalenti a decenni di cattiva gestione, nonché alla carenza di adeguate risorse finanziarie. Osservazione ineccepibile che, però, cozza tristemente con la scelta della costruzione del ponte tra Calabria e Sicilia. Due Regioni nelle quali si registrano le maggiori arretratezze del sistema ferroviario. Perché, dunque, non si stabilisce un piano straordinario (e strategico) per la modernizzazione della rete ferroviaria sull’intero Paese? È una domanda che legittimamente si pongono i cittadini, per i quali – tanto i pendolari, quanto un occasionale passeggero del mezzo ferroviario – il viaggio in treno diventa una sorta di avventura.
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