Emergenze, così l’Italia
dà il meglio di sé stessa

L’ Italia e la Germania del dopoguerra hanno in comune una cosa: sono Stati nati contro la dittatura. La loro struttura costituzionale è fondata sul contrasto all’accentramento decisionale. Ma per reagire alle emergenze occorrono governi in grado di operare scelte immediate e senza troppe mediazioni. L’abbiamo visto in Gran Bretagna dove il primo ministro Boris Johnson si è permesso di chiudere il Parlamento prima della data della Brexit, fissata per il 31 ottobre 2019 per evitare il dibattito sul comportamento del governo. E nessuno si è sognato di gridare al colpo di Stato. Il Regno Unito non dispone di una Costituzione scritta e fonda la sua esistenza su un patto d’onore tra la monarchia e il suo popolo.

Gli Stati Uniti hanno avuto un approccio travagliato con due presidenze che più diverse non potevano essere ma unite da un fattore comune: la rapidità decisionale. Solo così è stato possibile vaccinare ad oggi 160 milioni di americani in così breve tempo. E questo nonostante gli Usa siano una confederazione di 50 Stati.

La Svizzera ha messo in capo al governo centrale competenze che sono cantonali. Per Angela Merkel, costretta a rimangiarsi tutte le chiusure promesse per le festività di Pasqua, i 16 Länder sono diventati un incubo. Da persona versata agli studi scientifici coglie tutti i pericoli legati alla pandemia e ascolta i consigli degli esperti ma non riesce a farli diventare prassi di governo. Glielo impedisce la Costituzione che assegna al Bundesrat, la Camera dove sono rappresentati i singoli Stati federali, chiamati appunto Länder, il diritto di intervento.

E i presidenti dei vari governi regionali vedono le chiusure come il fumo negli occhi. C’è sempre un’elezione alle porte, la prossima è per la Sassonia Anhalt, poi a settembre vi sono quelle nazionali per il rinnovo del Bundestag, nel solo 2022 ve ne sono ben altre quattro. Uno stillicidio che vede i decisori sempre alla ricerca del consenso e quindi mai disponibili a scontentare un gruppo sociale o professionale. Così la lotta alla pandemia si è risolta in Germania in uno stop «and go» che di fatto ha fatto salire i contagi ad oltre 23 mila al giorno. Con la differenza che il virus in circolazione nella sua variante cosiddetta inglese è molto più contagioso e quindi moltiplica i casi.

Lo spettacolo è una Germania prostrata non dalla pandemia ma dall’indecisione e quindi nella mancata certezza di quella che si è sempre considerata prerogativa germanica: la stabilità. L’ ammirazione che accompagna il Cancelliere non compensa tuttavia il disorientamento e la sensazione di non governo. In questa assoluta precarietà la Cdu non riesce neanche a produrre un candidato Cancelliere e questo a cinque mesi dall’elezione.

Verrebbe da dire condizioni italiane. Con questa differenza che gli italiani sono abituati a gestire le emergenze e in condizioni di incertezza danno il meglio di sé. Hanno dalla loro la capacità di improvvisare e in piena pandemia tirano fuori dal cappello un Mario Draghi che fornisce al Paese quello che in questi casi tutti cercano in Europa: certezze. Le fornisce l’ex presidente della Bce non in virtù della struttura decisionale dello Stato in verità ancora più fragile di quella tedesca ma solo in forza del suo prestigio. Capacità di azione e garanzia di democraticità sono la necessità dell’ora. Per Paesi come Italia e Germania gravati da un passato che ora si scopre non passare mai l’Europa è l’ancoraggio. Ed è quello democratico di chi però prende decisioni. I governi autoritari hanno dalla loro l’immediatezza dell’agire. Una democrazia che non decide si espone ai rischi di chi nutre nostalgie. Il rispetto della salute pubblica quindi dei diritti del cittadino è la vaccinazione di massa del Vecchio continente.

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