L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 01 Marzo 2020
Ecatombe Siria
Politica assente
È la peggiore crisi umanitaria del XXI secolo, secondo l’Onu. No, non è il coronavirus. È la guerra che si sta combattendo in Siria intorno a Idlib, città martirizzata nel nord ovest, una delle ultime roccaforti non ancora finite sotto il controllo del regime di Damasco. Agghiacciante la razionalità che sta dietro al conflitto. Da mesi gli aerei russi aiutano l’avanzata delle forze del rais Bashar el Assad nella regione. I piloti di Mosca assieme a quelli siriani bombardano senza pietà obiettivi civili come mercati, ospedali, campi profughi e strade perché la strategia scelta è quella di depopolare la regione - si chiamano crimini di guerra, secondo il diritto internazionale - e spingere milioni di persone a schiacciarsi sempre più a nord contro il confine turco. La Turchia, alleata con gli islamisti e i rivoltosi siriani, vorrebbe che una fascia di sicurezza a ridosso del confine fosse risparmiata dall’avanzata, in modo che sia possibile in qualche modo spostare lì i profughi siriani ora accolti nell’ex impero ottomano. Ma per ora la Russia non ci sente.
L’obiettivo di Assad e Putin, aiutati dall’Iran, sta andando a segno: verso la frontiera turca secondo l’Onu sono stipati circa quattro milioni di siriani (il 50% minori, per lo più bambini e il 25% donne), un milione dei quali sfollati nelle ultime due settimane. C’è il forte rischio di una carestia e moltissimi fuggiaschi nelle cittadine frontaliere hanno trovato rifugi solo nei capannoni di campagna, in ripari di fortuna e addirittura in grotte scavate nella terra. Molte famiglie sono da settimane esposte al gelo di uno dei più freddi inverni siriani degli ultimi anni. Sette bambini, tra cui uno di soli sette mesi, sono morti proprio per il freddo e le terribili condizioni di vita nei campi profughi a Idlib. Due sorelle di 3 e 4 anni hanno perso la vita dopo che la tenda nella quale vivevano ha preso fuoco perché la stufa non era sicura, mentre la loro mamma incinta ha riportato gravi ustioni.
Gli aiuti portati dall’Onu e dalle organizzazioni internazionali sono solo una goccia nel mare. Secondo le Nazioni Unite «è stato raggiunto un nuovo livello di orrore». Lo provano alcune testimonianze dolorose dalla regione: «Lasciatemi morire. Non voglio più continuare questa vita» ripete ai soccorritori un uomo ferito in un raid aereo avvenuto il 12 febbraio a Kafar Ameh, un villaggio a ovest di Aleppo. La disperazione dei siriani ha ormai raggiunto livelli insopportabili. Abbandonati a sé stessi, decine di migliaia di famiglie sentono la morte sempre più vicina.
La drammatica escalation militare ha causato venerdì scorso la morte di almeno 30 soldati turchi, secondo Ankara vittime di un raid aereo dell’esercito di Assad. Fonti governative hanno fatto sapere che la Turchia non intende bloccare più alle sue frontiere i rifugiati che intendano recarsi in Europa. Secondo queste fonti si tratterebbe di un’iniziativa presa di fatto come reazione al mancato sostegno che Ankara lamenta a Idlib. Un inaccettabile ricatto da parte del presidente turco Recep Erdogan, che dall’Unione europea ha ricevuto 6 miliardi di euro per bloccare i fuggiaschi dalla Siria, peraltro sfruttati nell’ex impero ottomano come lavoratori in nero e costretti ad affittare malmesse abitazioni a prezzi da aguzzini. Ma abbiamo messo nelle mani del «Sultano» una formidabile possibilità di ricatto. Non a caso in questi giorni molti migranti sono riusciti a fuggire verso la Bulgaria e la Grecia: nel Paese ellenico vengono respinti con la forza e ricorrendo al lancio di lacrimogeni. Sull’isola di Lesbo, nel campo di Moira vivono 20 mila persone per una capienza di tremila, in condizioni igieniche spaventose. Chi riesce a sfuggire dai blocchi in Bulgaria e Grecia, si incammina sulla rotta balcanica, puntando all’Europa centrale e del nord.
In queste ore non sono mancate le reazioni all’escalation militare in Siria. I Paesi dell’Ue hanno chiesto alle parti uno stop alle operazioni nella zona di Idlib, altrettanto la Nato, mentre Trump in una telefonata con Erdogan ha chiesto di evitare una tragedia umanitaria, peraltro in corso già da settimane. Gli unici pronti a mettere i piedi sul terreno sono funzionari e operatori delle Nazioni Unite, che stanno preparando una missione umanitaria per rafforzare gli aiuti.
Dalla Libia alla Siria, l’Europa è lambita da conflitti e gravissime crisi umanitarie. La comunità internazionale è bloccata in una sostanziale impotenza, anche di fronte a crimini contro l’umanità che non risparmiano nemmeno i bambini. La politica estera è ridotta ad ancella, alla difesa di interessi di bottega senza una prospettiva ideale. Poi i governi temono le immigrazioni perché fanno perdere consensi...
© RIPRODUZIONE RISERVATA