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(Foto di Ansa)
MONDO. Siamo oggi immersi in un tragico scenario bellico mondiale. E contrasti minacciosi si paventano tra Stati Uniti e Cina.
Ci eravamo tutti un po’ illusi che l’8 novembre 1989, con la caduta del Muro di Berlino, la successiva interruzione della Guerra fredda, l’apertura dei mercati e l’affermazione in molti Paesi di principi di libertà non avremmo mai più assistito a guerre e alla costruzione fisica e ideologica di nuovi muri. Ma non è andata così. Siamo oggi immersi in un tragico scenario bellico mondiale, contrassegnato da oltre 50 guerre in vari Paesi, dalle rinate mire zariste di Putin, dalle pulsioni egemoniche di Netanyahu e, da ultimo, dal susseguirsi di minacce diplomatiche e da altri inquietanti annunci del neopresidente Trump.
Questo scenario è anche frutto di scelte protezionistiche fatte nel tempo con l’erezione di nuovi muri che hanno di fatto decretato negli ultimi vent’anni la fine di un clima distensivo nei rapporti internazionali. Ha cominciato Israele nella primavera del 2002 con la costruzione di un muro al confine con la Palestina. Sono poi sopraggiunte le prime migrazioni di massa che hanno suggerito alla Turchia di costruire un muro al confine con la Siria. Hanno dato seguito Grecia e Bulgaria, realizzando un recinto di filo spinato al confine della Turchia. L’Ungheria ha costruito una barriera al confine con la Serbia. Altri Paesi dei Balcani si sono recintati gli uni dagli altri anch’essi con filo spinato. Donald Trump nel suo primo mandato presidenziale ha proseguito nella costruzione di un muro con il Messico che ha ora dichiarato di voler completare al più presto, dando inizio anche a una disumana deportazione massiccia di immigrati irregolari. Una deportazione che è già cominciata, come abbiamo tutti potuto vedere da alcune immagini che ritraggono immigrati in fila incatenati, in attesa di essere espulsi quali cellule tumorali di un corpo a stelle e strisce che pare voler diventare sempre più isolazionista e al tempo stesso violentemente egemone.
Verrebbe da chiedersi come mai, in un’epoca digital e con l’Intelligenza artificiale sempre più immersa nei processi di vita evolutiva, l’idea medievale di ergere imponenti divisioni materiali continui a fare presa sulle masse. Molto dipende dal fatto che, in una condizione di diffusa emergenza sociale, la maggior parte degli esponenti politici trovi conveniente alimentare nella gente risentimenti verso chiunque rischi di aggravarne le già pesanti condizioni di disagio socioeconomico.
A fare da illuminato contraltare a questa involuta tendenza separatista vi è l’infaticabile azione svolta da Papa Francesco. Dall’inizio del Pontificato, frequenti sono stati i suoi richiami alla «diplomazia della misericordia», a «costruire ponti tra la gente, anziché muri», a «lavorare per la Pace». Queste esortazioni del Sommo Pontefice hanno trovato una confortante sponda nel presidente cinese Xi-Jinping che, in occasione di vari incontri del G20, ha sostenuto la necessità di operare per il rispetto della sovranità di ogni Paese e per l’abbattimento di tutte le barriere economiche e sociali tra gli Stati. Di recente, in occasione di un incontro dei Brics, ha rimarcato «l’importanza dell’Onu e della cooperazione internazionale» e ribadito che «nessuno sarà il vincitore in una guerra commerciale che va contro la storia e le leggi dell’economia».
In netto contrasto rispetto a questa visione si pone Trump, il quale come ben sappiamo ha annunciato il ricorso alla forza per la conquista del Canada, della Groenlandia e del canale di Panama. Ha inoltre minacciato che ricorrerà a un inasprimento dei dazi per proteggere le produzioni statunitensi e che uscirà da tutti gli accordi multilaterali per concentrarsi su accordi bilaterali con i singoli Paesi. Le sue prime spregiudicate mosse danno chiara l’impressione che l’America si avvii a perdere il ruolo di Paese di riferimento per le democrazie occidentali. I primi contrasti si apriranno con l’Unione europea, la cui fragilità sarà messa a dura prova se sarà di fatto esclusa come interlocutore unico. Contrasti ancor più minacciosi si paventano con la Cina, con il rischio che quest’ultima, privilegiando accordi multilaterali, attenendosi ai principi del libero mercato e intensificando i rapporti politico-diplomatici con i principali Paesi dell’Asia e del Sud del mondo possa di fatto assumere nel tempo il ruolo di prima potenza mondiale.
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