Difendere il bene
dal disincanto

Il presidente della Repubblica a inizio settimana è intervenuto per mettere ordine a parole e pensieri su un tema centrale per una corretta vita sociale del Paese. Consegnando a Roma i premi agli «esempi civili», cittadini che si sono distinti per opere e azioni di coraggio, per il loro impegno verso il prossimo o per aver mostrato una straordinaria forza di reazione alle avversità, Sergio Mattarella ha detto con lo stile e la pacatezza che lo contraddistinguono: «Sempre più spesso leggo e sento considerazioni piene di ironia nei confronti dei buoni sentimenti. Voglio dire con garbo ma con chiarezza che preoccuparsi del bene comune non è una espressione buonista da libro Cuore. Bisogna tutti attivarsi concretamente per il bene comune, per la solidarietà che porta progresso al Paese».

Se il capo dello Stato interviene con fermezza, significa che è preoccupato da un clima generale che ammorba l’Italia. Del resto basta viaggiare nei social network, ascoltare certi discorsi nei luoghi pubblici o guardare talk show televisivi per avere conferma di questa preoccupazione. La cattiveria e il sospetto portano a non concepire più come possibili gesti di generosità e di gratuità pieni: ci deve essere per forza un guadagno economico dietro, un interesse inconfessabile per chi agisce a favore del bene comune.

Il buonismo esiste: è l’atteggiamento di benevola apertura e comprensione per tutte le posizioni, del non andare al di là di generici appelli moralistici. Ma esistono, e in Italia sono storicamente molto più diffusi del buonismo, pratiche di chi è mosso da carità cristiana o da solidarietà laica. I volontari sono 5,5 milioni, quasi il 10% della popolazione, e donano ogni anno 2 miliardi di ore di tempo; l’1,9% è impegnato nella cooperazione internazionale (con un aumento del 35% negli ultimi 15 anni).

In questa «epoca del disincanto» (la definizione è del Censis) basta poi un’inchiesta giudiziaria per gettare un’onta con sbrigative velleità su centinaia di associazioni ed enti non profit. Come per il caso Bibbiano: l’inchiesta della procura di Reggio Emilia riguarda nove bambini che sarebbero stati sottratti ai genitori naturali sulla scorta di testimonianze e relazioni falsificate, per essere poi affidati ad altre famiglie che percepivano una somma mensile (prevista per legge). Gli indagati sono 29, tra assistenti sociali, il sindaco di Bibbiano, ex sindaci e terapeuti di un’associazione. L’inchiesta non è ancora arrivata a sentenza ma ha già dato la stura ad una campagna diffamatoria verso assistenti sociali e comunità in generale, che in Italia accolgono ben 12 mila bambini in affido. Sulla scorta di questo clima, la giunta leghista del Piemonte ha promosso una contestata legge chiamata «Allontanamento zero» che, come dice il nome, punta ad azzerare l’attuale sistema. Ma purtroppo non sempre le famiglie naturali sono luoghi di protezione, per via di genitori violenti o vittime di dipendenze come droga e alcol: ogni anno in Italia in media 500 bambini sono uccisi dal padre o dalla madre.

Nel mirino sono finite anche le organizzazioni non governative che gestiscono navi per i salvataggi di migranti naufraghi nel Mediterraneo. I processi a carico delle ong si sono chiusi tutti con il non luogo a procedere. Se non ci fossero queste navi i morti nel «Mare nostrum» sarebbero molti di più dei 1.283 del 2019. In questo caso poi alla cattiveria e al sospetto si unisce il discredito verso l’immigrazione.

Il risultato delle campagne ciniche, anche mediatiche, è che cresce la sfiducia verso le associazioni di volontariato e del non profit, per un’incapacità a distinguere, a isolare il singolo caso (l’inchiesta) dall’attività degli altri enti, sani e impegnati con gratuità. Ma molti italiani non si fanno abbindolare da questo clima: nel 2018 per la prima volta dopo dieci anni il numero dei donatori è cresciuto. Mattarella ha sottolineato giustamente anche il ruolo dei mezzi di comunicazione, che amplificano i casi negativi: «Raccontare quel che di buono succede nel Paese è necessario e facendolo si rende un servizio alla verità e un servizio alla Repubblica».

Il volontariato e la solidarietà hanno un valore intrinseco: oltre a dare risposte a bisogni, costruiscono relazioni tra sconosciuti e senso di appartenenza a una comunità. Due esiti curativi per un Paese diviso e sfilacciato come il nostro. «Impegnarsi per far superare condizioni di sofferenza, di emarginazione, impegnarsi per la cultura e la ricerca scientifica, adoperarsi per la difesa dell’ambiente, attivarsi per la legalità: questo è ciò che significa avvertire il senso di un destino comune della nostra convivenza in Italia. La convivenza è questione comune. La solidarietà consente al Paese di crescere e progredire» ha concluso il capo dello Stato. Non c’è altro da aggiungere.

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