Democrazia legittimata, non solo dal voto

MONDO. La parola democrazia deriva dal greco «demos», che significa popolo e «kratos» che significa potere. Guardando a quanto avviene oggi in molti Paesi del mondo non si può tuttavia affermare a cuor sereno che il governare sia davvero strettamente corrispondente alla «libera» volontà del popolo.

In Russia Putin è stato sì eletto presidente con voto plebiscitario, ma in un clima di terrore. La stessa brutale invasione dell’Ucraina ha ben poco a che fare con la volontà popolare. Per altro verso, guardando a quanto accade da molti anni nel nostro Paese, si può dati alla mano sostenere che si sia consolidato un sistema democratico nel quale a decidere, pur legittimamente, sia una minoranza. Da molti anni, infatti, la partecipazione alle consultazioni elettorali, per via di un drammatico e solo in parte giustificabile astensionismo, è precipitata dall’80-90% al 65-50% degli aventi diritto. Queste percentuali, già di per se stesse desolanti, in molte importanti consultazioni risultano essere ancora inferiori a tali numeri.

Ci troviamo da tempo, dunque, ad essere guidati da esecutivi che hanno governato e governano acquisendo il consenso nell’ambito di poco più della metà dei votanti. Per giudicare compiuto un sistema democratico risulta inoltre determinante non solo la partecipazione di larga parte dei cittadini al voto, bensì anche il contributo delle varie «autorità indipendenti» e di tutte quelle istituzioni che costituiscono i necessari contrappesi in grado di evitare l’emergere di poteri individualistici o, ancora peggio, assoluti. È importante ancora considerare che il legittimo potere del popolo sovrano deve trovare la propria naturale realizzazione in sede parlamentare. È in Parlamento che le istanze del popolo, attraverso i rappresentanti scelti, hanno il diritto di trovare legittimità, ascolto, mediazione, costante tensione verso il bene comune.

Questo indispensabile patrimonio di civismo era ben presente nei Padri Costituenti che tracciarono con efficacia e chiarezza i lineamenti del nostro sistema democratico rappresentativo. Essi furono, peraltro, molto attenti nel limitare il potere del popolo attraverso il ricorso ai referendum. In particolare, non ammisero i referendum sui temi della tassazione e della politica estera, avendo ben presente i conflitti d’interesse e quelli di competenza generale nell’uno e nell’altro caso. Sarebbe dunque quanto mai opportuno, oggi, chiedersi perché questa visione della democrazia rappresentativa si sia così tanto allontanata dal nostro sentimento comunitario. Tra le varie ragioni, la più importante è certamente individuabile nel diffuso degrado della cultura civica, che rappresenta la «cultura politica della democrazia».

Molto evidenti sono oggi i segnali di tale degrado. Il distacco dalla politica e dai partiti dei quali si fida solo il 4% degli italiani. Il continuo peggioramento della qualità media, professionale e morale, del ceto politico. Il prevalere, in ogni campo, di personalismi e particolarismi che allontanano dalla percezione e dalla ricerca del bene comune. La sfiducia, specie nei giovani, verso le istituzioni. Il ruolo diseducativo rispetto ai valori civili esercitato da gran parte dell’informazione, in primis quella televisiva e dei social. L’indebolimento della solidarietà sociale, con crescenti manifestazioni di xenofobia e volontà di ghettizzazione.

Negli anni Cinquanta, con l’introduzione nelle scuole dello studio della Carta costituzionale, si pensò di fornire un contributo significativo alla crescita democratica di una popolazione cui era affidato il compito di ricostruire la propria nazione dopo una sfiancante guerra mondiale e venti anni di dittatura. Riprendere e ampliare quell’esperienza sarebbe certamente utile, sempre che sia preceduta da un’adeguata formazione degli insegnanti affinché, a seconda dei livelli di insegnamento cui sono preposti, siano messi in grado di fornire ai giovani tutti gli elementi necessari per una più consapevole partecipazione alla vita democratica del Paese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA