Decreti sicurezza
Novità e dubbi

Un tempismo perfetto e sospetto. Lunedì sera, a urne dei ballottaggi per le comunali chiuse da poche ore, il Consiglio dei ministri ha dato via libera alla nuova versione dei decreti sicurezza, cambiando quelli scritti dall’allora ministro degli Interni Matteo Salvini. È stato possibile grazie ai due nodi politici sciolti dopo 13 mesi di governo Conte 2, che aveva nella revisione dei decreti una delle priorità: l’ostilità alle variazioni di una parte dei 5 Stelle e il consenso a rischio in vista dell’ampia tornata elettorale (referendum sul taglio dei parlamentari, regionali e comunali).

Palazzo Chigi ha preso tempo e, trovata l’intesa con i grillini e a seggi chiusi, ha varato le nuove norme con ampio ritardo, nonostante i rilievi del capo dello Stato Sergio Mattarella fossero datati agosto 2019, al momento del varo della versione salviniana. Ma finalmente si volta pagina. Finalmente perché basti ricordare un punto delle norme definite dal leader del Carroccio: l’abolizione della protezione umanitaria, che ha generato migliaia di irregolari, usciti dalle strutture d’accoglienza e finiti in strada (alla faccia della sicurezza).

Cosa prevedono i nuovi decreti? Per le ong che violino il divieto di navigazione spariscono le multe fino a un milione (una sanzione scandalosa: è la stessa prevista per i grandi evasori fiscali), si scende tra i 10 mila e i 50 mila euro. Ma è previsto il carcere fino a 2 anni per gli attivisti in mare che non si coordinano con le autorità marittime dei Paesi di bandiera e di quelli che operano i soccorsi. Non ci sarà più la confisca delle imbarcazioni, a condizione che gli equipaggi informino l’Italia a ogni intervento di salvataggio. Il divieto con la limitazione di transito per le navi, che i decreti Salvini avevano attribuito al ministero dell’Interno, torna in capo al ministero dei Trasporti, che deciderà su proposta del Viminale, sentito il ministro della Difesa. Vengono poi recepite le osservazioni mosse dal Quirinale, con la reintroduzione del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali sulle scelte per l’assegnazione del permesso di soggiorno. I casi di «protezione speciale» che riguardano i perseguitati vengono inoltre ampliati: non si terrà conto solo di chi fugge dalla tortura, ma anche da trattamenti inumani e degradanti. Qui si pone un problema: come conciliare questa norma con i respingimenti verso la Libia, dove notoriamente vengono praticate sui migranti violenze e stupri?

I termini obbligatori per il riconoscimento della cittadinanza italiana passano poi da 48 a 36 mesi. Troppi, rispetto ai vecchi 24 mesi. Chi risiede in Italia da 10 anni, parla bene la nostra lingua ed ha un lavoro non può attendere tre anni per veder riconosciuto il desiderio di diventare nostro connazionale. Tra le novità, anche il ripristino della possibilità - per i richiedenti di protezione internazionale - di iscriversi all’anagrafe comunale e di convertire il permesso di soggiorno in permesso di lavoro.

Nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) diventa invece prioritario il trasferimento dei condannati. L’intrattenimento nei Cpr passa da un massimo di 180 a 90 giorni, ma proporogabili di altri 30 se lo straniero è cittadino di un Paese con un accordo di riammissione. Sull’assistenza dei richiedenti asilo invece c’è uno schema che prevede due livelli: il primo riguarda la presenza nei Centri accoglienza straordinaria (Cas) per il tempo necessario alla presentazione della domanda d’asilo; quindi l’assistenza diffusa sul territorio in piccoli gruppi, nel Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (Siproimi).

Tra le novità, l’inasprimento delle pene per il reato di rissa e il Daspo dai locali pubblici e di intrattenimento per chi sia stato denunciato o condannato per atti di violenza. Una «norma Willy», dal nome del ventenne ucciso a calci e pugni a Colleferro tra il 5 e il 6 settembre scorsi, che aumenta le pene per chi abbia partecipato a una rissa - se qualcuno resta ferito o ucciso - da un minimo di sei mesi a un massimo di sei anni (ora va da tre mesi a cinque anni). Per gli autori di disordini o di atti di violenza il questore può disporre il Daspo da locali o esercizi pubblici: se violato, c’è la reclusione fino a due anni e una multa fino a 20.000 euro. Si inasprisce il Daspo nei confronti degli spacciatori e arriva una norma per contrastare anche il traffico di droghe via web: viene creata una lista dei siti usati per lo spaccio, ai quali deve essere inibito l’accesso dai fornitori di connettività a internet, con multe da 50 mila a 250 mila euro per chi violi la norma. Diventa inoltre reato dare un telefono cellulare a un detenuto.

Tornando al fronte migratorio, va ribadito un punto. Non basta la politica interna per la gestione dei flussi, bisogna investire sulla cooperazione internazionale e la politica estera (quella europea non è univoca). Su quest’ultimo fronte siamo particolarmente deboli, come testimonia la grave perdita del controllo della Libia.

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