L'Editoriale
Martedì 04 Febbraio 2025
Dazio chiama dazio, e tutti alla fine ci perdono
MONDO. Ma quella dichiarata da Donald Trump è davvero la più stupida guerra commerciale della storia del mondo, come scrive il Wall Street Journal? È difficile individuare vantaggi in questa politica commerciale tanto scriteriata, che impone dazi sui prodotti di Paesi amici come Messico, Canada o gli Stati membri dell’Unione europea, come annunciato.
Con questa mossa, la Casa Bianca rinnega due secoli di politica commerciale basata sul libero scambio. L’obiettivo dichiarato è quello di proteggere i prodotti americani e attirare imprese sul territorio all’insegna del «Make America Great Again», favorendo l’industria americana e penalizzando i concorrenti esteri. Ma per raggiungere questo risultato bisognerebbe che le gabelle rimanessero permanenti - almeno 30 anni, dicono gli economisti - per vedere qualche (timido) risultato. Un orizzonte temporale impensabile.
Il ritorno al protezionismo
La politica protezionistica del nuovo inquilino della Casa Bianca – che sa di antiquariato e rimanda ai tempi di Colbert e Bismarck - non servirà nemmeno a ridurre il deficit, perché il gettito prodotto dai dazi è una goccia nel mare rispetto all’abnorme disavanzo pubblico americano. È vero che l’America può contare su una forte domanda interna, ma un’autarchia imposta a colpi di «cannone doganale» finirà per distruggere il suo export, lasciando il campo libero al drago cinese (con il quale Trump, paradossalmente, preferisce trattare).
Dazi e ritorsioni
E allora perché? Dov’è il metodo in questa follia che ha rovesciato il tavolo dell’economia mondiale, se non una sorta di «cupio dissolvi» controproducente. I dazi sono dei boomerang. Se vengono colpite le merci importate prodotte da un determinato Paese, come il Messico, la «faccia triste dell’America», alleato commerciale da almeno un paio di secoli, verrà ricambiata con dazi analoghi, scatenando ritorsioni. Il vecchio detto del «chi la fa l’aspetti» vale anche in campo economico. La legge del contrappasso in economia è spietata: dazio chiama dazio.
I dazi creano inflazione, perché i prezzi dei prodotti aumentano, non solo nei Paesi colpiti ma anche verso chi ha lanciato il sasso, vittima della rappresaglia. In questo scenario il commercio globale si contrae, penalizzando tutti, a cominciare dagli Stati Uniti
Trump vuol solo fare la faccia feroce per poi ritirare i dazi? Wall Street, sensibile a qualunque oscillazione economica, gliela farà pagare cara. Oltretutto, alla lunga, i dazi creano inflazione, perché i prezzi dei prodotti aumentano, non solo nei Paesi colpiti ma anche verso chi ha lanciato il sasso, vittima della rappresaglia. In questo scenario il commercio globale si contrae, penalizzando tutti, a cominciare dagli Stati Uniti.
Il vicino Canada
Curiosamente Trump sembra essere più feroce nei confronti dei tradizionali alleati che dei «nemici» come la Cina, con cui è venuto subito a patti. Possibile che The Donald non abbia uno staff economico capace di illustrargli le ripercussioni? I dazi creano enormi problemi anche alle aziende americane, per esempio nel campo delle automobili, la cui componentistica proviene per una larga fetta dalle aziende canadesi.
E a proposito di Canada, a titolo di curiosità, molte famiglie hanno già dichiarato l’intenzione di recedere da un viaggio turistico negli Stati Uniti. Si è calcolato che un’automobile attraversi il confine tra Usa e Messico numerose volte, passando come un pendolo da uno stabilimento americano a una fabbrica messicana. Se per ogni passaggio si deve pagare un dazio del 20 per cento, quando la vettura è finalmente finita e commercializzata negli Stati Uniti, il suo prezzo sarà insostenibile.
La situazione dell’Italia
Anche l’Italia non è esente da questo disastro. Il suo export verrebbe penalizzato anche se le contromisure potranno essere tasse doganali equivalenti sui prodotti o una diversificazione verso altri Paesi. Un calo della domanda americana si tradurrebbe inevitabilmente sull’occupazione. Quanto alle banche centrali, hanno le mani legate, al massimo potrebbero agire sui cambi per mitigare l’impatto.
L’unico vantaggio di questa politica commerciale scriteriata, che si sa come comincia e si sa pure come finisce, è un ricompattamento degli Stati dell’Unione europea per far fronte comune, perché è chiaro che muovendosi da soli sarebbero molto più deboli e indifesi dal ciclone trumpiano
Insomma, questa guerra commerciale, oltre che un boomerang, sarebbe un disastro annunciato per il mondo, perché contribuirebbe a una recessione mondiale e porterebbe inflazione e disoccupazione. I primi a pagarne il prezzo, indovinate un po’, sarebbero le famiglie meno abbienti.
L’unico vantaggio di questa politica commerciale scriteriata, che si sa come comincia e si sa pure come finisce, è un ricompattamento degli Stati dell’Unione europea per far fronte comune, perché è chiaro che muovendosi da soli sarebbero molto più deboli e indifesi dal ciclone trumpiano. Ma è ben poca cosa. Insomma, questo prendersi a schiaffoni in economia significherà solo una cosa, anzi tre: meno crescita, meno occupazione, meno benessere. E a perderci saranno tutti.
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