Data storica: resta solo
un piccolo interrogativo

Una data storica, una luce che squarcia la notte e spazza la paura. Ma perché il «V-Day» non resti un lampo nel buio dipende solo dalle nostre scelte. Perché lo sforzo economico e di ingegno che il mondo ha fatto in questi dieci mesi venga ripagato, non abbiamo che due strade da seguire. La prima è quella di scegliere di vaccinarci quando sarà il nostro turno. La seconda, almeno fino ad allora, è di continuare ad osservare quelle elementari regole di sicurezza che ci hanno consentito di arrivare sin qui: uso della mascherina, ripetuto lavaggio delle mani, distanziamento sociale.

Fino a quando non sarà raggiunta l’immunità di gregge - e ci vorranno mesi, perché prima si dovrà vaccinare almeno il 70% della popolazione - saranno ancora questi comportamenti i nostri vaccini più sicuri. Affidabili quanto quelli di Pfizer o Moderna, che sicuri lo sono davvero, anche se c’è chi storce il naso per la rapidità con cui sono stati messi in distribuzione. Ma la celerità con cui si è giunti al risultato non è data dalla fretta di andare sul mercato bypassando i rigorosissimi controlli previsti dagli enti chiamati a certificarne la qualità, tutt’altro, ma è direttamente proporzionale alla quantità di denaro messa a disposizione della ricerca, cifre da capogiro rispetto ai budget generalmente riservati dalle case farmaceutiche per un vaccino. Quello contro il Covid, ci dimostra ancora una volta che «volere è potere». Salvo casi selezionatissimi, quando arrivare primi significa accaparrarsi larghissime quote di mercato, le multinazionali del farmaco non hanno interesse ad accelerare la ricerca di nuove molecole per vecchie malattie (meglio se croniche), perché prima di scoprirne di altre devono abbondantemente rientrare dalle spese sostenute per creare quelle in commercio (prova ne sono le difficoltà in cui oggi ci si trova per la scarsità di nuovi antibiotici capaci di far fronte all’evoluzione dei batteri, diventati resistenti alle molecole tradizionali in uso da tempo). Il che ci pone di fronte a un «piccolo» interrogativo: perché ancora oggi, nel mondo, ogni anno muoiono 7-8 milioni di bambini per malattie che invece si potrebbero tranquillamente prevenire o curare con vaccini o medicinali di base? Forse perché i deboli non possono pagare?

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