L'Editoriale
Giovedì 06 Febbraio 2025
Da Gaza all’Ucraina, così Trump non concilia
MONDO. Ci è o ci fa? O siamo noi che non abbiamo capito niente? Dopo una (fortunata, a quanto pare) campagna elettorale in cui ha promesso agli elettori di non coinvolgere più gli Usa nei pasticci altrui, Donald Trump si getta a capofitto nelle zone del mondo più travagliate.
Per quanto riguarda il Medio Oriente annuncia che gli americani si piazzeranno a Gaza, si suppone ben protetti dai marines o da chi per essi, e trasformeranno la Striscia in una specie di nuova Costa Azzurra. I palestinesi? Ovvio, via dalla Palestina verso l’Egitto o la Giordania. Un progetto che, aspetti surreali a parte, ha il «pregio» di disgustare i palestinesi, allarmare egiziani e giordani (i quali, nel 1970 con il famoso Settembre Nero, hanno già vissuto uno scontro armato con i palestinesi profughi della Guerra dei Sei Giorni) e far retrocedere il dialogo con l’Arabia Saudita.
Le tensioni con Riad
Da Riad parte subito la dichiarazione: senza uno Stato palestinese niente riconciliazione con Israele, altro che resort a Gaza. In più, per non farsi mancare niente, Trump ordina anche di aumentare la pressione sull’Iran, e pronuncia il melodrammatico annuncio: se dovessi essere ucciso, annientate gli ayatollah. Vero è che da Teheran arrivano voci sull’accelerazione dei lavori per l’arricchimento dell’uranio necessario alla bomba atomica, ma alzare la tensione e pronunciare nuove minacce non sembra il modo migliore per far desistere la Repubblica islamica.
In più, per non farsi mancare niente, Trump ordina anche di aumentare la pressione sull’Iran, e pronuncia il melodrammatico annuncio: se dovessi essere ucciso, annientate gli ayatollah
E sempre per la serie «teniamo gli Usa fuori dai guai», Trump si fa protagonista di un rinnovato dialogo con il Cremlino per la pace in Ucraina. Abbiamo capito che Washington e Mosca stanno trattando, lo ha ammesso anche Dmitrij Peskov, il portavoce di Vladimir Putin, anche se non sappiamo che cosa realmente si stiano dicendo. Una cosa sembra chiara: sono loro che si parlano e che decidono, sulla testa e alle spalle degli altri protagonisti. Tagliato fuori Zelensky, che in pochi giorni si sente dire che di entrare nella Nato non se ne parla (e lui, per la prima volta in questi anni un po’ patetico, chiede addirittura la bomba atomica) e che, anzi, sarebbe meglio che convocasse elezioni presidenziali e parlamentari, quelle finora sospese a causa della legge marziale. Quasi gli otto giorni, insomma. Ignorata allo stesso modo l’Unione europea, nemmeno interpellata su una questione che tutte le capitali del Vecchio Continente considerano cruciale per la sicurezza collettiva.
Il nodo Ucraina
Per quanto riguarda Gaza, l’estrema destra israeliana, capitanata dal premier Benjamin Netanyahu, non è riuscita a frenare l’esultanza. Ai suprematisti bianchi come Ben Gvir o Bezalel Smotrich non importa un fico dei progetti turistico-immobiliari di Trump. A loro interessa la parte del piano che prevede l’espulsione dei palestinesi, condizione necessaria alla realizzazione del vecchio sogno del «Grande Israele». Se partono quelli di Gaza, è il sottinteso, poi partiranno anche quelli della Cisgiordania. Per quanto invece riguarda l’Ucraina, l’idea sembra più o meno questa: trovare un’intesa con la Russia (boccone un po’ più indigesto dei palestinesi), farsi rimborsare gli aiuti finora offerti (vedi il discorso sulle terre rare), riempire l’Ucraina di armi per farne uno Stato-fortezza simile a Israele in un’altra area cruciale del mondo e lasciare agli europei il mal di pancia di integrarla nella Ue o gestirne le enormi difficoltà post-belliche.
Come nel caso dei dazi contro Messico e Canada, viene il sospetto che tanta voce grossa serva soprattutto a intimidire il concorrente e a preparare il tavolo per una contrattazione più concreta e realistica
In effetti, detto così, per gli Usa non sarebbe male. Trump eredita un Medio Oriente che Israele si è incaricato di destrutturare a colpi di bombe e un’Europa dove è stato realizzato nel modo brutale che sappiamo il distacco tra l’Occidente e la Russia, con un’Unione europea dove ormai gli alleati di Washington (si pensi ai commissari agli Esteri e alla difesa, una estone e l’altro lituano) contano più di Paesi fondatori come Francia e Germania. Parte in vantaggio, insomma. Ma come nel caso dei dazi contro Messico e Canada, viene il sospetto che tanta voce grossa serva soprattutto a intimidire il concorrente e a preparare il tavolo per una contrattazione più concreta e realistica. Certo è che colui che si era presentato come il grande pacificatore di un mondo devastato da guerre assurde propone soluzioni che concilianti non sono. Vediamo e speriamo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA