
(Foto di Ansa)
ITALIA. Abbiamo rivisto il Papa, dopo due settimane, la voce un po’ meglio, le cannule dell’ossigeno sempre nel naso, la sedia a rotelle con appesa la piccola bombola che lo aiuta a respirare. Abbiamo rivisto Jorge Mario Bergoglio e sentito la sua voce, quattro parole.
Abbiamo rivisto Francesco nel sole della sua piazza per pochi minuti al termine della Messa degli ammalati. Abbiamo rivisto un uomo anziano, che domenica 6 aprile ha dato a tutti una lezione di vecchiaia. Alzi la mano chi non ha avuto un nonno o una nonna che chiedeva con insistenza di essere accompagnata in chiesa per la Messa o solo per il Rosario.
Francesco si è presentato al mondo come testimone di una condizione normale, senza inquietudine, né smarrimento. E il messaggio è risultato potente. Non ha cercato a tutti i costi di fare il Papa, ha delegato, ha affidato. Fino a qualche mese fa era più forte. Ma adesso deve rallentare. C’è un cambio di condizione, ma gli anziani, anzi i vecchi, sono in tutte le famiglie, abitano le nostre case, parlano come noi solo a volte un po’ più a fatica. Sono uguali a noi e sono diversi. Gli anziani ci interrogano e lo fa anche il Papa.
La sua immagine si è imposta a tutti, ha ribaltato il non senso che attribuiamo alla vecchiaia, lezione ad un mondo che fatica ad elaborare un senso all’essere vecchi
Ha voluto assolutamente essere presente e non con un messaggio registrato per i maxischermi della piazza e le tivù di tutto il mondo. Non ha aspettato che la sua condizione migliorasse, che finisse la convalescenza stretta imposta dai medici. Quanti ce n’erano come lui in piazza? Se avessero dovuto attendere la completa guarigione molti malati e convalescenti e anziani acciaccati avrebbero lasciato interi spazi vuoti. Eppure quello di Bergoglio non è stato l’ennesimo colpo di testa di un Papa anziano e cocciuto, ma solo una perfetta lezione di vecchiaia. E la sua immagine si è imposta a tutti, ha ribaltato il non senso che attribuiamo alla vecchiaia, lezione ad un mondo che fatica ad elaborare un senso all’essere vecchi.
Bergoglio non cerca in tutti i modi di stare giovane e in salute, non nasconde la sua condizione, anzi si mostra e ci chiede di guardarlo e di abbracciarlo, di spingere la sua carrozzella, un Papa diverso, più fragile, più vicino e anche sicuramente più audace
Sembra che quasi non possa esistere un Papa vecchio, che un Papa vecchio non debba essere più audace. Sogniamo e continuiamo a scrivere che per Bergoglio tutto tornerà come prima, che riprenderà la vita da globetrotter in giro per il mondo, uomo da decine di udienze al giorno, videomessaggi a profusione. Può accadere. Ma Francesco, volendo a tutti i costi esserci, chiedendo che lo portassero in chiesa a confessarsi e a pregare e soprattutto a passare la Porta santa come un malato anziano qualsiasi, ha impresso al Pontificato una svolta decisiva e ha lanciato un messaggio preciso e cioè che anche un Papa vecchio può fare benissimo il Papa. Con la sua presenza, i suoi occhi un po’ persi, il suo fil di voce, la mano che benediceva e un po’ vagava ha fatto fare una capriola salutare a tutti: essere vecchio è un valore e non un fallimento neppure per lo stile papale.
Bergoglio non cerca in tutti i modi di stare giovane e in salute, non nasconde la sua condizione, anzi si mostra e ci chiede di guardarlo e di abbracciarlo, di spingere la sua carrozzella, un Papa diverso, più fragile, più vicino e anche sicuramente più audace. Bergoglio in 12 anni di Pontificato è entrato in empatia con tutti come forse non era mai accaduto ai suoi predecessori. È empatica anche la sua debolezza, ora che dipende dagli altri. E sta rendendo empatica anche la vecchiaia, perché ce ne impone la condivisione anche attraverso la sola emozione di vederlo per un attimo e di sentirlo in un soffio. Lui è solo uno dei tanti, ma è il Papa, un vecchio oggi più saggio, coraggioso e intrepido di molti, che continua a parlare solo facendosi aiutare, senza vergogna, senza timore, senza imbarazzo. Appunto una grande lezione.
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