L'Editoriale
Giovedì 25 Giugno 2020
Covid, crisi agevolata
dai decreti attuativi
La macchina si è inceppata e nessuno sembra capace di farla ripartire. Il motorino d’accensione gira a vuoto o, nel migliore dei casi, s’accende per pochi minuti e permette di percorrere solo pochi chilometri. Poi si ferma e muore lì. È quanto sta accadendo ai provvedimenti del governo per far fronte all’emergenza di Covid-19. Le misure ci sono, ma le norme per attuarle mancano. Così le due disposizioni «Cura Italia» e «Decreto rilancio» per un contro valore di 80 miliardi di euro, insomma la «mano santa» per ripartire ed evitare ancor più grandi sofferenze ai cittadini, sono stati approvati ma sono fermi al palo perché mancano i «decreti attuativi». Il Paese inciampa e rischia di non farcela. Insomma senza decreti attuativi non si passa dalle parole ai fatti. Ma quasi nessuno lo sa. Su 165 decreti attuativi previsti dai 13 decreti legge per far fronte all’emergenza del coronavirus che coinvolgono 17 ministeri ne sono stati adottati in tutto 31.
Troppo pochi e del tutto insufficienti per accendere il motore della riscossa. Il «Cura Italia» ha bisogno di 103 decreti, ma ne sono stati approvati solo 9. Il «Decreto rilancio» ha necessità di 36 decreti, ma se ne sono visti solo 16. Il decreto Scuola 11, ma ne ha in funzione solo 4. Ci sono esempi clamorosi. Il decreto liquidità, previsti 12 decreti, approvati zero. Il decreto sugli studi epidemiologici è solo uno, ma nemmeno quello è stato scritto e approvato. E gli studi sono al palo.
Il provvedimento che prevede il credito d’imposta per gli adempimenti di adeguamento degli ambienti di lavoro per contrastare la trasmissione del virus non si può utilizzare. Manca il decreto. Quindi a fronte delle spese di imprese e cittadini non è chiaro quando ci sarà il rimborso e soprattutto se le risorse basteranno. Anche il Fondo per la tutela delle filiere in crisi dotato di 500 milioni di euro è blindato e finché mancherà il decreto nessun euro potrà uscire. Stessa sorte per il Fondo mobilità, quello che rimborsa parte degli acquisiti delle biciclette per una mobilità più sostenibile. Anzi in questo caso il decreto doveva essere scritto e approvato entro l’8 giugno dal ministero dell’Ambiente e ora si ricomincia da capo. Sul Family Act dopo tanta retorica sparsa a piene tivù nessun decreto all’orizzonte.
L’analisi realizzata in un Rapporto di Openpolis aggiornato al 20 giugno lascia sconsolati. Ma basta farsi un giro sul sito web di Palazzo Chigi per avere l’immagine di uno sconcertante stato dell’arte. Nella sezione «Ufficio per il programma di governo» c’è una triste lista di «non adottato». Il decreto attuativo è invece cruciale, perché è inutile fare le leggi se poi non vengono applicate. Il decreto attuativo insomma è il secondo tempo delle leggi, senza il quale salta anche il primo tempo. È in mano ai «ministeri competenti», è lo spazio aperto per burocrazia e tecnici. Ma occorre che tutto il complesso sistema venga vigilato da vicino altrimenti addio ai provvedimenti. Il governo tecnico di Mario Monti aveva compreso l’importanza del punto e attraverso il ministro per i Rapporti con il Parlamento l’economista Pietro Giarda aveva introdotto la relazione al Parlamento sullo stato dell’attuazione delle leggi.
Oggi è tutto on-line e ci si può indignare. Ma il vizio del default dei decreti attuativi è antico in Italia. L’attività legislativa e i grandi obiettivi finiscono nella trappola delle attuazioni, che più sono e più sono complicate, ne impediscono di fatto l’approvazione . Si può fare la storia di decenni di leggi inattuate. E la causa non sempre è l’inefficienza degli uffici amministrativi. Spesso si prevedono decine e decine di decreti per permettere alle lobby dei veti incrociati di usare le zone grigie dell’indecisione a proprio vantaggio e bloccare le riforme. Altroché decreti semplificazione! Quante sono le riforme finite male per la mancanza di una pragmatica cultura della risoluzione dei problemi? Individuare le responsabilità pare mission impossible anche perché l’insufficiente controllo politico sulle scelte amministrative conviene purtroppo a molti. Ma oggi al tempo di Covid-19 e annessi disastri economici non si può lasciare governare il passato. Altrimenti nulla andrà bene.
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