Costituzione e Vangelo, le bussole dei Cattolici

ITALIA. Per prima quella di Mattarella e alla fine quella di Bergoglio. La «lezione di Trieste» è un compendio di storia e di memoria del cattolicesimo democratico per l’Italia e l’Europa e insieme di gratitudine per la comprensione del presente.

Il valore della memoria e il modo sapiente di trarne risorse in un tempo d’indifferenza selvaggia, di illusione tecnocratica, di negligenze sociali, di effimere e liquide modernità, che perdono la rotta delle relazioni tra le persone e la terra, ha segnato il perimetro della riflessione dei cattolici alla cinquantesima Settimana Sociale. C’è un filo rosso che le tiene insieme. C’è una road map precisa indicata da due uomini anziani, che per passione, vigore, devozione al servizio della Comunità sono assai simili, anzi si compendiano. Non poteva che avere successo la scelta della Conferenza episcopale di invitarli ad aprire e chiudere la Settimana di Trieste. Insieme hanno imbastito l’ordito della manutenzione necessaria alla convivenza civile, in Italia e a tutte le latitudini. E non si dica che il Presidente ha parlato al Paese e il Papa ha parlato alla Chiesa. Vorrebbe dire tornare indietro a politicamente corrette distinzioni, che tuttavia oggi appaiono in affanno di fronte ai disastri di società dove la fila degli scartati è assai più lunga dei beneficiati e le lacrime sono assai più copiose dei sorrisi.

Il Papa e il Presidente hanno parlato ai cittadini, senza distinzioni, senza passaporto, come ha osservato acutamente ieri il cardinale Matteo Zuppi salutando Bergoglio appena sceso dall’elicottero. Francesco ha chiesto definitivamente di archiviare una religiosità che guarda al cielo senza preoccuparsi di ciò che accade sulla terra, dove società «stordite dal consumismo», ha aggiunto, imbrogliano comunità e sbaragliano relazioni. E ha indicato due bussole per ridisegnare un perimetro per nulla statico, ma inteso come processo virtuoso verso una più intensa fraternità: la bussola della Costituzione e la bussola del Vangelo. È questa la novità del Pontificato di Francesco che ieri a Trieste ha trovato ulteriore conferma. La bussola è diversa dal compasso, che chiude territori e incardina in un perimetro riflessioni, archetipi e idee. La bussola è indispensabile per navigare in mare aperto, quello senza confini, quello tumultuoso del confronto e anche del conflitto. Nessuna sa cosa incontri, tempesta o bonaccia. Il valore è solo quello dell’incontro che migliora popoli e governi, cuce trame, sfida certezze e struttura diritti, doveri e responsabilità. Bergoglio non vuole cattolici tranquilli, sinonimo spesso di appassiti e di depressi. Vuole cattolici che assomiglino a Moro e La Pira, risoluti sui diritti e i doveri e saldi nella difesa della persona. Insomma coraggiosi e non moderati con il freno tirato sulla radicalità evangelica, che è l’unica perfetta e autorizzata misura con la quale giudicare e proporre, stimare e valutare azioni e percorsi degli uomini e delle istituzioni. Si è molto parlato di politica di Trieste. Finalmente, hanno osservato in molti. Ma senza nostalgie per Dc in miniatura, piccole lobby che aumentano solo polarizzazioni di cui oggi non c’è certamente bisogno. Chi le coltiva sbatte contro il parere del Papa, il quale ha detto chiaramente che difendere privilegi non è materia dell’agenda dei cattolici. Bergoglio è stato incisivo e concreto. Ha chiesto di alzare la voce nel dibattito pubblico con l’unica preoccupazione della fedeltà al Vangelo e alla Costituzione. Ha citato Aldo Moro, una frase contenuta in un libro intitolato «Il fine è l’uomo» (Edizione di Comunità-2018) e lo ha fatto consapevole che il cattolicesimo di quegli uomini debba essere un esempio per tutti nel Paese, per cattolici e laici. Hanno progettato e organizzato la democrazia e lo hanno fatto bene. Sono quelli del Codice di Camaldoli, della Costituente, della ricerca accurata e meticolosa di tutte le mediazioni in grado di ordinare, perfezionare e arricchire la convivenza non solo degli eguali. Sono quelli che hanno pagato di persona, Aldo Moro, Vittorio Bachelet, Roberto Ruffilli, per «l’amore politico». Sono quelli della passione per il futuro, della visione, uomini seri, la cui lezione è ancora attualissima, gente che ha guidato processi. Sono uomini di una storia di cui, ha detto Bergoglio, dobbiamo essere «fieri».

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