Cosa fare per la vita dei nostri giovani

ITALIA. I sempre più efferati fenomeni di violenza giovanile, figli di un colossale vacuum valoriale e sentimentale, impongono un’urgente riflessione su cosa occorra fare per tamponare questo orrore in atto giorno dopo giorno.

I sempre più efferati fenomeni di violenza giovanile, figli di un colossale vacuum valoriale e sentimentale, impongono un’urgente riflessione su cosa occorra fare per tamponare questo orrore in atto giorno dopo giorno - i fatti di Pescara ne costituiscono l’esempio più recente, barbarico e insensato - ridando agli adolescenti, soprattutto a quelli dalle esistenze più dissestate, strumenti e concetti persuasivi sul «senso del vivere» e, soprattutto, sul «senso della bellezza del vivere». Veniamo da oltre 20 anni caratterizzati da una bassa crescita dell’economia, da una pesante crisi finanziaria (2008) e da una drammatica pandemia da Covid che hanno esercitato effetti particolarmente negativi sulla condizione giovanile. Molti di loro vivono nella sfiducia e nello smarrimento. La perdurante mancanza di adeguate prospettive di lavoro ha indotto i più istruiti, i più bravi, i più intraprendenti a emigrare verso altri Paesi in cerca di gratificanti e stabili occasioni di lavoro. Tra il 2002 e il 2023 l’Italia ha visto diminuire di 3,4 milioni il numero dei giovani residenti (15-36 anni), passati da 16,1 milioni a 12,7 milioni di unità, subendo una perdita di oltre un quinto dei propri giovani.

La circostanza potrebbe anche non avere solo connotazioni negative, se si determinassero nel tempo le condizioni per un loro ritorno con nuove idee da mettere in circolo. Ipotesi questa che si verifica solo in pochi casi, visto che il nostro Paese offre un desolante quadro d’immobilismo e di tendenza all’autoconservazione delle «elites» in quasi tutti i settori strategici della società, pubblici e privati. Poche altre epoche del resto hanno visto, accanto a una stagnazione economica così lunga, una trasformazione produttiva e culturale così intensa, insieme a una così vorticosa rimessa in gioco dei valori. La scuola, la famiglia, l’oratorio, che per tanti decenni hanno formato una solida triade educativa, vivono una crisi profondissima. La piazza, la strada, il bar, da sempre agenzie di socializzazione informale, sono divenuti spazi di aggregazione dai contorni sbiaditi, spesso fonti d’inquietanti pericoli.

Ormai, in quasi tutte le aree del Paese, varie organizzazioni criminali (un tempo limitate al Sud) hanno assunto il controllo di realtà economiche e di molte attività commerciali in difficoltà, coinvolgendo manodopera giovanile con la promessa di lauti guadagni. La sottovalutazione di questa realtà da parte di governi, enti locali e organi di polizia ha fatto sì che acquisissero sempre più spazio lo spaccio di droghe, i furti, gli atti di violenza e di bullismo, il razzismo, la tendenza a dequalificare figure un tempo autorevoli quali insegnanti, genitori, tutori dell’ordine ecc. Questa oramai conclamata degenerazione socioculturale va affrontata come una priorità assoluta, evitando di pensare alla questione giovanile come ad un problema parziale o di categoria. Occorre evitare iniziative propagandistiche che si propongano di «fare qualcosa e subito per i giovani» e che portino a risultati modesti e di breve periodo. Per risolvere il problema non basta creare qualche assessorato alla gioventù o qualche forma di assistenza travestita da lavoro. Necessitano, piuttosto, riforme strutturali orientate a stimolare la crescita, dalla quale dipende l’aumento dell’occupazione in generale e, di conseguenza, di quella giovanile.

Tra queste riforme, rivestono particolare rilievo: una revisione organica del «welfare» che accresca e migliori i servizi alla collettività (specie quelli sanitari) e attenui le sacche di povertà; una riforma fiscale che «guardi anche a quanto si possiede, oltreché alle persone», e che sia orientata a un perdurante contenimento delle aliquote per le imprese che investono e per i ceti medio-bassi; il rientro progressivo del debito pubblico, anche attraverso penetranti interventi di revisione qualitativa della spesa (spending review). Occorrerebbe, inoltre, che una parte consistente delle risorse derivanti dal Pnrr fossero destinate ad accrescere gli stanziamenti per ricerca, innovazione, istruzione e formazione, a valorizzare le tante ricchezze artistiche presenti in Italia, così come a finanziare un grande progetto d’investimenti pubblici destinato alla tutela dei territori a rischio per esondazioni, frane e terremoti. Per quest’ultima importante iniziativa, l’utilizzo esteso di «minicantieri» potrebbe favorire l’occupazione di molti giovani che già si dedicano con generosità e sensibilità green alla salvaguardia del territorio come volontari. La dimensione degenerativa di questa situazione richiede a tutti i livelli di responsabilità, pubblica e privata, il dovere di superare ogni egoistica immutabilità per assolvere al compito di dare corpo a una nuova società per i giovani. Perché il «senso della bellezza del vivere», parte da un’attribuzione di dignità.

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