L'Editoriale
Sabato 11 Maggio 2019
Corruzione endemica
quando è tollerata
Qual è la differenza tra la corruzione romana e quella lombarda? Una domanda che viene spontanea vista la serialità degli scandali che segnano la vita pubblica della nostra regione. Non basta questo articolo per elencare il malaffare che angustia Milano e i territori che fanno lo sviluppo di questo Paese. Solo per rimanere alla sanità nel 1997 Giuseppe Poggi Longostrevi intascò illegalmente 60 miliardi di lire di rimborsi regionali.
Nel 2015 Mario Mantovani, assessore alla salute viene inquisito, Roberto Formigoni, ex presidente della Lombardia, viene condannato a sette anni di prigione e attualmente è in carcere. Per non parlare nel 2010 di Carlo Chiriaco, ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia, in odore di ’ndrangheta e condannato in via definitiva dalla Cassazione. Poi vi è Domenico Zambetti, assessore regionale al lavoro, finito in cella per rapporti con la malavita calabrese e poi Franco Nicoli Cristiani ex vice presidente del Consiglio ragionale lombardo anch’egli nella bufera dei rapporti opachi con il mondo dell’affarismo.
Eppure un dato colpisce alla domanda: come giudica la qualità dei servizi sanitari nella sua Regione. Le risposte sono: al Nord il 74 % si dice soddisfatto al Centro si scende al 41% nelle Isole si precipita al 21%. Un’indagine demoscopica promossa da Swg nel lontano 2009. Eppure non risulta che l’indice di insoddisfazione sia nel frattempo cresciuto in Lombardia. Dal che si desume che la corruzione va poi a scontrarsi con il controllo sociale dei cittadini, che vigili guardano alle prestazioni.
È del quattro febbraio di quest’anno il Piano triennale di Prevenzione della corruzione e trasparenza approvato dalla giunta regionale lombarda. Del resto i difensori e sostenitori di Formigoni, quei pochi rimasti, proprio questo sostengono: il sistema sanitario lombardo è innovativo e ha portato a risultati. I politici non possono dar corso a una completa appropriazione predatoria del bene pubblico perché il cittadino reclama i suoi diritti.
La lunga storia dei Comuni nel Nord Italia ha fatto del suddito un membro attivo della comunità locale, che controlla e valuta. E questo spiega perché nonostante tutto il sistema sanitario in Nord Italia tiene. E tuttavia un nemico avanza ed è la debolezza e contrazione del ceto medio. Un’analisi del Sole 24 Ore ha stabilito che dal 2008, anno d’inizio della crisi, a oggi i redditi da 15 a 26 mila euro hanno perso in potere d’acquisto circa 2.350 euro l’ anno, quantificato nell’ordine del 10,4% mentre per i redditi superiori sino a 55mila euro l’anno il calo è del 11,7%. E questo senza contare la perdita di occupazione per effetto della tecnologia, la chiusura di aziende causa globalizzazione, e la precarietà dei nuovi rapporti di lavoro. Una miscela che determina il declino del ceto che per eccellenza ha dato stabilità alle società industrializzate. L’indebolirsi del contratto sociale rende molti soggetti economici e anche nuclei familiari suscettibili di ricatto. Di questo malessere si sono accorte per prime le organizzazioni criminali del sud. Mentre lo Stato non provvede a traghettare i nuovi disoccupati verso una nuova formazione e aggiornamento professionale che permetta loro di acquisire occupazione, la malavita diventa con disponibilità di denaro un attore sociale. E questo spiega perché nelle inchieste spunti sempre lo zampino della n’drangheta.
L’ arcivescovo di Milano invita ad aiutare le famiglie bisognose decadute socialmente. È un messaggio profetico. Solo così le si può sottrarre alle lusinghe del denaro facile di chi specula sulle disgrazie sociali. La corruzione è fonte di contagio e diventa endemica quando è tollerata.
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