L'Editoriale
Domenica 11 Settembre 2022
Contro Putin è necessaria un’Europa più compatta
A sei mesi dalla terribile invasione subita, l’Ucraina ha già perso il 50% del Pil e parte del proprio territorio, contando perdite e devastazioni civili e materiali che richiederanno molti anni e decine di miliardi per una ricostruzione che non potrà mai del tutto suturare gli squarci di dolore patiti. Si sta assistendo alla più grande crisi di rifugiati dopo la Seconda guerra mondiale, mentre i segnali di pace sono ancora flebili.
L’unico è quello che, grazie all’intervento di Erdogan e dell’Onu, ha consentito un accordo per l’invio di grano russo e ucraino in molti Paesi sull’orlo della carestia. Un ulteriore bilancio inquietante è quello che fotografa diffuse fragilità globali, visto che nessun Paese esce indenne da 180 giorni di guerra che rischiano di sconvolgere l’ordine costituito dopo il 1945. Nonostante l’ottimismo delle sue dichiarazioni, sostenute dalla martellante propaganda dei media, Putin si trova oggi a dover fare i conti con le nefaste conseguenze di un clamoroso errore di calcolo che lo porta lontano dall’affermazione di passate grandezze imperiali e lo spinge verso una condizione di autarchia, di ridimensionamento dello status mondiale e di vassallaggio economico, tecnologico e militare nei rapporti con la Cina. Quest’ultima, d’altro canto, si trova a dover fare i conti con uno sviluppo economico lontano dalle due cifre che rappresenterebbero l’obiettivo ritenuto essenziale da Xi Jinping per contrastare le diffuse sacche di povertà interne.
Ciò è dovuto in gran parte al fatto che la guerra in Ucraina ha causato l’interruzione del grande progetto della «Via della Seta» che, con investimenti per decine di miliardi, avrebbe dovuto consentire di congiungere Pechino con il Nord Europa. Proprio l’attraversamento dell’Ucraina rappresentava un importante snodo per una rapida realizzazione del progetto. Anche l’America di Joe Biden ha visto crescere i suoi problemi. Gli aiuti in armamenti e gli enormi finanziamenti all’Ucraina per oltre 10 miliardi cominciano a pesare anche sul piano politico e si fa sempre più spazio l’opinione, sostenuta da Putin, che l’Ucraina sia «cinicamente» sacrificata da Biden per ridimensionare il suo grande avversario. L’economia statunitense è in frenata e l’inflazione è prossima al 10%, tutti aspetti questi che porteranno acqua al mulino dei sostenitori di Trump nel Congresso dei repubblicani del prossimo novembre.
Le cose non vanno di certo meglio in Europa, dove rischia di prendere sempre più forza il dilemma tra unione e indipendenze nazionali. Come dimostra anche la politica attuata per sconfiggere il Covid, fino ad oggi la coesione europea ha tenuto, con la realizzazione del Pnrr tramite l’assunzione di un debito comune e la ratifica dei 7 pacchetti di sanzioni a Mosca varati all’unanimità. In un futuro prossimo, però, le cose potrebbero cambiare. Il vero obiettivo di Putin è quello di minare la tenuta democratica europea e quella del campo occidentale, dividendo l’Europa dagli Stati Uniti. Alcuni macroscopici errori del passato, compiuti soprattutto da Germania e Italia che hanno consentito a Putin di diventare il grande burattinaio della fornitura del gas, nei prossimi mesi potrebbero ulteriormente accrescere le tensioni sociali, offrendo ai russi un’ulteriore, pericolosissima arma di condizionamento diplomatico. Carovita e superbollette potrebbero incidere sull’atteggiamento negativo dell’opinione pubblica verso l’Europa, se si dimostrerà incapace di risolvere questi problemi.
Non c’è dunque da sorprendersi se Putin veda con così tanto favore che Macron sia uscito ridimensionato dalle elezioni e che Mario Draghi, alfiere come lui di un’Europa federale, sia stato costretto alle dimissioni. Appare evidente anche la debolezza della Germania di Scholz, anch’essa con le mani legate a causa dell’enorme dipendenza energetica con la Russia e degli stretti vincoli economici con la Cina. Occorre, oggi o mai più, una compattezza e una visione europea condivisa e incisiva, in grado di contrastare il terremoto degli equilibri geopolitici mondiali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA