Conti malatucci
Serve chiarezza

Roberto Gualtieri sta spiegando che la manovra di Bilancio è davvero una scalata difficile, perché parte da meno 23 miliardi, ma lo sapevano tutti, a cominciare da chi ha fatto precipitare anche per questo la crisi di agosto. Sarebbe stato meglio dire la cruda verità agli italiani, almeno prima che il presidente Conte annunciasse tutto felice che i 23 miliardi erano stati già trovati. Dopo il tempo dei proclami, meglio chiarire: si parte in salita, non aspettatevi miracoli, perché non ci sono zecchini d’oro da dissotterrare. L’epoca dei balconi da cui dare l’annuncio che la povertà è stata abolita non doveva neppure cominciare, è stata una pagina surreale. La nostra finanza pubblica non sta bene. Può darle conforto solo una ripresa dell’economia e persino dell’inflazione, ma se sei a quota zero, e niente del panorama economico internazionale ti aiuta (dazi, Brexit, Cina, crisi Germania), meglio spiegare che gli eccessi alla fine si devono pagare e che la ricreazione è finita.

La clausola Iva deve essere annullata ed è giusto, per l’effetto devastante che può avere su consumi, commercio, servizi. Ma prima o poi la questione dovrà essere affrontata, visto che il prossimo anno salirà a 28 miliardi. E quindi demonizzare la parola rimodulazione non va bene. L’Iva dei tartufi al 5% è davvero intoccabile? Eppure, solo l’accenno a una diversa distribuzione delle aliquote ha provocato una notte di lunghi coltelli, con Renzi e Di Maio irremovibili.

Non tutto ciò che è fisco è tabù, perché oltre 400 eccezioni fiscali sono un po’ troppe… E lo stesso va detto per la spesa da tagliare. Sta di fatto che i numeri del NaDef sono poca cosa. La manovra è di 29 miliardi, ma in realtà è meno di 7, cioè un po’ poco, per un governo dai colori così sgargianti come il rosso e il giallo. Il cuneo fiscale non si aggredisce con un paio di miliardi mettendo qualche spicciolo in busta, oltretutto solo da luglio. E comunque non tutta la differenza tra 7 e 29 è stata recuperata e dunque ballano ipotesi e balzelli vari, mentre una manovra vera di crescita sarebbe ancora da finanziare: servirebbero altri 10/20 miliardi, in questo ha ragione Assolombarda.

Per di più, ben 14 sono di nuovo a debito. L’Europa ce lo consente, ma non ce li regala, li pagheremo noi. Il vento è cambiato a Bruxelles con ottime ragioni politiche. Il miracolo, Gualtieri lo ha già fatto rendendo accettabile un deficit del 2,2 con tendenza 2,3, mentre lo scorso anno aveva fatto scandalo il 2,4 fatto poi scendere al 2,04.

Giustissimo allarmarsi nel 2018, visto che passava l’idea che basta votare una promessa per avere un atto di governo, e che i «numerini» europei erano da mangiare a colazione. Una cosa imperdonabile, che ci è costata qualche miliardo di interessi sul debito, e ha lasciato ora sul tavolo due questioni simboliche, quota 100 e reddito di cittadinanza, che costano parecchio e non sono né il superamento della legge Fornero (che per fortuna è ancora in piedi), né un sollievo alla vera povertà. Ci sono solo dei navigator assunti (a termine…) per dare una mano ai Centri per l’impiego. In via di principio è giusto che ogni governo che arriva non debba cancellare quello che ha fatto il precedente, ma se quota 100 costa molto oggi e in prospettiva e produce vantaggi per pochi, perché insistere? È vero che in cassa è rimasto qualcosa, rispetto a quello che si pensava di spendere, ma si rovescia un antico detto: siamo al lucro emergente da un danno cessante!

E insomma, con 7 miliardi cosa può fare un Paese che ha bisogno di rilancio, di crescita, di innovazione, di scuola, di ambiente e via elencando? Tra l’altro, proprio 7 sono i miliardi che dovranno venire dal recupero dell’evasione fiscale, e nessuno ci è mai riuscito fino ad oggi. Gualtieri ha spiegato bene il metodo che intende applicare, circoscrivendo una per una le casistiche, e sembra avere le idee chiare. Diamogli credito, ma i grandi numeri restano piccoli. Non basta avere a Bruxelles degli amici, per giunta italiani. Cerchiamo almeno di non metterli in imbarazzo.

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