Conti da fare con l’Europa sul crinale del debito

MONDO. Il ministro Giorgetti chiude al Meccanismo europeo di stabilità detto anche Fondo salva-Stati dei Paesi dell’Eurozona. La Grecia e le misure draconiane imposte al governo e alla popolazione nel 2009 fanno scuola.

Gli altri 19 Paesi dell’Eurozona hanno nel frattempo ratificato il nuovo Mes riveduto e corretto ma per l’Italia il solo pensiero, ancorché remoto, di dover cedere in caso di crisi la sovranità economica ad altri Paesi e istituzioni genera avversione. È un fatto che soprattutto i Paesi nordici si rifiutino di andare incontro alle richieste di modifica italiane. Una questione di fiducia che affligge da sempre i rapporti fra il grande Nord e il grande Sud d’Europa. Le procedure di infrazione per eccesso di deficit a sette Paesi membri, Italia e Francia in primis, vanno inserite in questo contesto.

La nuova Commissione a novembre fisserà le raccomandazioni per rientrare dal 7,4% di deficit del 2024 al 3% previsto dai nuovi accordi. Un taglio di bilancio per le spese sociali diventa probabile. È un po’ l’aria che tira. Del resto negli ultimi quattro anni i debiti pubblici nell’Eurozona hanno registrato un aumento di 2.598 miliardi di euro. Cifre che spaventano anche un Paese come la Germania che non ha procedure di infrazione in corso ma già dibatte al suo interno sulla necessità di tagliare fondi per le pensioni e per il sussidio di disoccupazione. Vuol dire che verranno colpiti quei settori del welfare state che riguardano in primo luogo le classi sociali uscite vittime dai grandi cambiamenti degli ultimi anni.

I sintomi di questo disagio lo si vede in Italia nel sotto finanziamento della sanità pubblica. Non manca a volte la buona volontà, mancano semplicemente i fondi per ovviare alle liste di attesa per una visita medica o un esame diagnostico. La sanità corrisponde al 6,4% del prodotto interno lordo, 0,7% in meno rispetto al 7,1% del 2008. Per i prossimi due anni l’indice di spesa sanitario rimane invariato. Una questione sensibile per gli elettorati, così come lo è stato per i cittadini tedeschi che hanno portato al 30%, minimo storico, la loro fiducia nel governo Scholz. Certo la recessione dell’economia ma la scintilla l’ha accesa la pompa di calore. Imposta con la forza anche a chi non aveva i fondi per procedere al cambio della caldaia. Che è come dire che la transizione energetica la paga chi è già stato declassato dalla precarietà che affligge il lavoro. Il debito tedesco è a circa 2.500 miliardi di euro, oltre il 60% del Pil. Accrescerlo è un azzardo, da qui la necessità di spendere meno.

Chi deve al dunque pagare? Per AfD, partito criptonazista al 23% in Germania, i programmi per la protezione dell’ambiente, la transizione energetica, l’eliminazione degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, le spese per l’assistenza ai migranti. Queste le voci da togliere a bilancio. Un progetto elementare, grezzo, ma che porta voti. Con le restrizioni la via da seguire per evitare di cadere nella trappola estremista-populista è una sola: creare i presupposti per la crescita.

Il Pnrr in Italia è un grande piano di investimenti e in Italia già si vedono i risultati nella velocizzazione delle pratiche nei tribunali, negli appalti pubblici nella trasparenza e nella semplificazione, nella riduzione della frammentazione dei centri di spesa, e poi i servizi idrici integrati per un uso efficiente delle risorse e combattere la siccità. Tutte operazioni di tecnica amministrativa che non si sono mai realizzate nonostante le leggi non mancassero. È la buona amministrazione che il Piano nazionale di ripresa e resilienza sta portando all’Italia. Ed è la strada che, in mancanza di una seria lotta all’evasione fiscale, porta alla riduzione degli sprechi e applica una sana austerità. Quella che impedisce il taglio delle spese sociali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA