Conte, sì alla Tav
Mossa anti crisi

Giornate politiche convulse, piene di colpi di scena. Alla vigilia della determinante informativa del presidente del Consiglio al Senato sul caso dei presunti fondi russi alla Lega, si accantona bruscamente il tema (divisivo) dell’autonomia regionale e nello stesso tempo si dà il via libera alla Tav. E ancora una volta a dirigere questa musica è Giuseppe Conte, un premier che man mano acquista una personalità politica che non aveva quando i grillini lo hanno messo sulla poltrona numero uno di palazzo Chigi.

La cosa più clamorosa è quella della Tav: Conte ha detto che si farà. Esattamente il contrario di quanto affermò tempo fa. Ma adesso – ha spiegato – sono emersi fatti nuovi: al governo hanno capito che fare la Tav costerebbe molto meno che abbandonare il progetto, disdettare gli accordi internazionali, mettere in discussione i piani europei e rinunciare ai relativi finanziamenti. Inoltre, dice Conte, solo il Parlamento potrebbe decidere di non fare la Tav perché fu il Parlamento a votare il sì al progetto. E in queste Camere il «no Tav» è decisamente minoritario. Dunque, la Lega ha avuto il suo risultato, finalmente può mostrare all’elettorato del Nord che grazie alla sua pressione le cose «si fanno» e che l’estremismo grillino «del no» è stato battuto. Ben diversa la situazione nel Movimento Cinque Stelle che nacque proprio dalla protesta contro l’Alta Velocità Torino-Lione. La scelta di Di Maio di rassegnarsi alla volontà della Lega pur di non far cadere il governo e l’annuncio di Conte, fatto con il massimo del protagonismo attraverso una diretta Facebook, provocheranno parecchi maldipancia e un ulteriore spaesamento nel movimento, senza escludere le dimissioni del ministro Toninelli, già nel mirino di Salvini. Potrebbe essere l’occasione di un rimpasto, sempre che il governo tenga, naturalmente.

Altro fatto, solo apparentemente di segno contrario. L’ennesimo rinvio sul tema dell’autonomia regionale. Oggi a palazzo Chigi dovevano tenersi riunioni importanti, politiche e tecniche, per consentire al progetto di esordire domani in Consiglio dei Ministri. Non è stato così. Conte ha detto lo stop annunciando che prima vuole incontrare i governatori di Lombardia e Veneto che più hanno contestato il testo in discussione arrivando a definirlo «una farsa» e una «cialtronata». Tanta veemenza significativa di quale sia lo stato d’animo della classe dirigente leghista che spinge da settimane su Salvini perché stacchi la spina al governo e rompa l’alleanza con i grillini. Se Conte, che si era dichiarato offeso dalle parole dei governatori, ha deciso di riunirsi con loro prima di decidere, anche questo va visto come un segno di distensione con la Lega, un modo per allontanare la crisi di governo e le elezioni anticipate.

E oggi ci sarà il gran momento della stagione politica: Conte riferirà sullo scandalo moscovita. Dovrà farlo usando una dose non comune di diplomazia e abilità: rispondere all’aula e alle contestazioni dell’opposizione e nello stesso tempo non coinvolgere Salvini. Il quale lasciando per ore tutti in attesa di sapere se sarà presente e prenderà la parola (in ogni caso alla stessa ora del dibattito in Senato sarà al Viminale a presiedere il comitato nazionale per la sicurezza), ha sottolineato per l’ennesima volta la propria estraneità dalla faccenda. Sarà anche per questo che ieri è andato a Bibbiano, il paese in cui sono accadute cose orribili nel meccanismo di adozione dei bambini, e che in questa confusa fase politica è diventato suo malgrado una capitale dello scontro tra partiti.

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