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L’allarme per la diffusione del nuovo coronavirus comparso in Cina, 2019-nCoV, non accenna a calmarsi. Alla luce dei casi in costante aumento si teme una pandemia che si possa propagare in tutto il mondo. In Cina - e in particolare a Wuhan, la città focolaio della malattia - le autorità tentano di contenere la diffusione del virus isolando i centri più colpiti.

Ad oggi l’European Centre for Disease Prevention and Control stima che il rischio di introduzione dell’infezione in Europa, attraverso casi «importati», sia elevato: un primo contagio è stato confermato in Germania, in Bavaria, dopo i 3 già accertati in Francia il 24 gennaio (tre pazienti che avevano recentemente viaggiato in Cina).

Ma che cos’è esattamente questo coronavirus alla ribalta delle cronache? 2019-nCoV colpisce l’apparato respiratorio e causa febbre, tosse, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, polmonite e sindrome respiratoria acuta grave. È simile al coronavirus della Sars, sindrome respiratoria acuta grave, che fra il 2002 e 2003 ha provocato oltre 700 morti, e a quello della Mers, sindrome respiratoria medio-orientale, che tra il 2012 al 2019 ha causato più di 858 decessi. I coronavirus sono caratterizzati da un’elevata instabilità genetica che consente loro di cambiare in continuazione. Si spiega così il fatto che dal 2000 sia già la terza volta che un virus animale di questa classe fa il cosiddetto salto di specie, arrivando ad infettare l’uomo.

Tra notizie non confermate o in parte smentite dalle autorità, bufale e fake news, è bene provare fare chiarezza rispetto a quanto sappiamo finora di certo.

In tempi estremamente rapidi il virus è stato isolato ed il suo genoma sequenziato. Un grande merito va agli scienziati cinesi (Na Zhu et al, A novel coronavirus from patients with pneumonia in China, New England Journal of Medicine 2019), che hanno anche identificato il recettore (ACE2, lo stesso utilizzato da Sars) attraverso cui il virus interagisce con l’epitelio profondo del polmone, dando origine alla polmonite. Questo ha consentito di risalire alla probabile origine di 2019-nCoV, smentendo le leggende metropolitane circolate che accusano i centri di ricerca: è un virus molto simile al Coronavirus dei pipistrelli, dunque è probabile sia stato trasmesso da questi animali. Nel mercato del pesce, attraverso un ospite intermedio non ancora identificato.

Le stime attuali suggeriscono che il virus possa rimanere in incubazione fino a 14 giorni prima di manifestarsi, e questo rende più difficile individuarlo tempestivamente. E, secondo la ricostruzione delle prime fasi dell’epidemia pubblicata su The Lancet e segnalata da Science sul suo sito, può essere trasmesso anche da persone che non ne mostrano ancora i sintomi. Fortunatamente, ad oggi la mortalità non è altissima (circa il 3% dei casi), ma il virus non va comunque sottovalutato.

Molti studi andranno fatti per chiarire perché coronavirus come questo siano in grado di causare all’uomo un danno così severo, fino - nei casi più estremi - alla morte. Ho avuto il privilegio di conoscere Malik Peiris, che è stato un pioniere ad Hong Kong nello studiare i meccanismi con cui Sars causa malattia (Peiris et al., Severe acute respiratory syndrome, Nature Medicine,10, S88, 2004). Evidenze suggeriscono che il virus causi una profonda e prolungata disregolazione del sistema immunitario che potrebbe contribuire al danno con un eccesso di «fuoco amico».

L’identificazione del virus è anche un primo, indispensabile passo per proseguire gli studi mirati a mettere a punto sia tecniche molecolari rapide e a basso costo, sia tecniche sierologiche fondate su anticorpi per la diagnosi e la valutazione della diffusione. Ciò costituisce anche le basi per lo sviluppo di terapie antivirali e vaccini. Questi ultimi, insieme ad un’efficace sorveglianza sanitaria, alla Ricerca scientifica e ad una trasparente condivisione dei dati, sono l’arma più potente che abbiamo per combattere minacce di patogeni vecchi e nuovi con cui, inevitabilmente, dovremo confrontarci anche in futuro.

I vaccini sono una cintura di sicurezza a lungo termine per l’intera umanità, soprattutto in un mondo sempre più globalizzato, in cui - come ci insegna la recente storia di West Nile Virus, Zika e Chikungunya - è difficile che i patogeni restino confinati solo in determinate zone. Come ha affermato il virologo Roberto Burioni, in questa fase i test diagnostici e le misure di sanità pubblica costituiscono la vera prima linea difesa.

*Direttore Scientifico Irccs Humanitas e docente Humanitas University

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