Con i nonni la vita cresce
più forte come la Linfa

L’ultima volta ne ha parlato pochi giorni fa di ritorno dal viaggio a Budapest e a Bratislava. I nonni? «Sono un tesoro». E poi: «Ti danno la linfa»: Papa Francesco ha dedicato ai nonni una somma di riflessioni, ma soprattutto ha spronato ad amarli per non perdere la memoria, perché i nonni rappresentano la radici da cui, appunto, trarre linfa. La Giornata degli anziani si celebra oggi, ricorrenza civile voluta dall’Onu, istituita in Italia con una legge dal 2005. Bergoglio l’ha in qualche modo rafforzata accostando alla ricorrenza civile, per vero un po’ dimenticata, uno spunto religioso con la Giornata mondiale scelta della Chiesa che si celebra il 25 luglio. Quest’anno in quella occasione ha spiegato che è una festa di tutti, insieme nonni e nipoti, giovani e anziani, immagine della «alleanza delle generazioni». Il punto sta qui, perché quell’alleanza spesso scivola via dalle mani e delle menti che la devono organizzare secondo un nuovo senso comune del vivere che non dovrebbe scartare nessuno. È la forza degli anni quella che intreccia generazioni e solo se delle generazioni non si perde la memoria, se gli anni, insomma, non finiscono nell’oblio, la vita cresce più forte e con maggiore esercizio della responsabilità. Quando si inciampa le generazioni crescono più deboli, perché immemori e la vita procede a fatica.

l messaggio della prima Giornata mondiale dei nonni era chiaro: «Io sono con te tutti i giorni». È una citazione del Vangelo di Matteo (capitolo 28, versetto 20), ma la sua importanza travalica il perimetro del libro sacro, suggerimento laico da opporre alla cultura dello scarto, quella dell’io contro il noi, sempre pronta ad allungare l’ombra sulla società, perché venga esercitato il perfetto contrario della cura, del preoccuparsi, del coinvolgersi nelle vite degli altri che sono accanto. La pandemia in questo senso ha scatenato una tempesta e gli anziani hanno pagato di più, trattamento speciale drammatico di un virus devastante per i più deboli e fragili, che ci ha lasciato più soli e più poveri. In società frammentate e spezzate ulteriormente dal maglio del virus che ha colpito duro, forse qualcuno ha pure considerato il fatto positivo: meno vecchi, meno costi, meno preoccupazioni di cura. L’io ha prevalso sul noi. Eppure non è in questo modo che si vince la sfida della condivisione tra generazioni, né è questo il metodo per risparmiare risorse del welfare.

C’è una parola che definisce il rischio altissimo di ogni società: egolatria. Accade quando una comunità perde il senso comune di se stessa e stabilisce chi può costruire cosa e chi invece deve stare ai margini delle reti sociali. Il destino degli anziani spesso si avvicina a queste considerazioni. Così la giornata di oggi deve servire a ragionare sull’assistenza domiciliare da ridisegnare pensando alle persone e non alle prestazioni ed evitando la disparità di offerta a livello nazionale con standard certi per tutte le Regioni. Oggi il servizio di assistenza domiciliare dei Comuni copre solo l’1,3% di chi ha bisogno, con una spesa pubblica ridicola di appena 302 milioni. Così si dà fiato alle Rsa, vero business finanziario (soprattutto per il «privato puro»), dove gli anziani spesso finiscono soltanto perché è più comodo e dove la solitudine li uccide.

Con il denaro dell’Europa post-Covid si possono migliorare molte cose e rendere più disponibili servizi pubblici per anziani anche non autosufficienti. Ma serve una nuova alleanza, dove l’ognuno per sé e il parcheggio facile in strutture private e costose o all’opposto la prigionia in casa con poco aiuto e molta disperazione, non sia più la regola.

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