Con Bosso la musica
va oltre il limite

Non fate un torto a Ezio Bosso: impariamo ad ascoltarlo per quello che dice, per quello che fa e continua a fare. Compositore di fama, concertista, direttore d’orchestra, non da oggi si confronta con una malattia degenerativa che gli toglie forze, gesti, autonomie. Ha un destino, come tutti noi. Il suo lo ha portato a scegliere di non affrontare più la dimensione del «piano solo» perché, come dice lui «farei peggio che mai». Lo aveva già dichiarato due anni fa, seguendo il filo inesorabile della malattia. E nel frattempo ha continuato a dirigere orchestre, a pensare la scrittura nella sua testa. Non si è ritirato, continua a fare musica, a parlarne, a raccontare l’esperienza della composizione. Qualcuno ha provato a dare inutile risalto a un pregiudizio, con l’unico risultato di ferire un uomo coraggioso, indomito, capace di una visione sensibile della musica. Ezio Bosso non fa più concerti da solo, ma è felice di quello che fa. È altresì consapevole che seduto davanti a quei tasti non sarebbe più in grado di garantire una qualità eccelsa e, per questo, ha scelto di dedicarsi ad altro. Alla musica, da un’altra angolazione possibile.

Nei discorsi in cui è stato coinvolto l’altro giorno a Bari, alla Fiera del Levante, tra etica, società e musica, qualcuno ha voluto trovare il lato minore, perdendo di vista la bellezza dell’uomo che combatte, consapevolmente, intelligentemente. Bosso è un musicista-lottatore, un artista capace di guardare oltre il limite, il sensazionalismo, il pietismo percepito.

Continua per la sua strada fatta di pentagrammi, sonorità, tocchi pianistici negati, sapendo che il suono che è stato rimarrà come flusso di pensiero, esperienza, intuizione musicale. Come tutti noi anche Ezio è un uomo di passaggio in questa vita. Ma lui più di altri testimonia la condizione del nostro essere umani. Ha toccato con mano la bellezza del suono, la complessità del pensiero musicale, dell’esperienza unica del comunicare, poi, a un certo punto, ha dovuto piegarsi all’evidenza del suo destino. Lo ha fatto con elitaria umiltà, pensando alla musica secondo le modalità che gli sono consentite, nel segno di quella qualità che ha continuato a ritenere irrinunciabile. Come uomo e musicista Ezio Bosso ha colpito, commosso, ha messo in moto la riflessione di milioni di spettatori, anche dalla «stanza» di Sanremo.

Suonando qualcosa ha fatto capire cos’è la musica per lui: flusso, condivisione, magia. Ha ricordato a tutti che il direttore d’orchestra ha in mano la bacchetta del mago. Con quella organizza suoni, emozioni. Non batte le malattie, può metterle da parte, farle diventare piccolo accessorio della bellezza umana. Bosso quella bellezza non l’ha mai persa di vista. Ha sempre pensato che la musica fosse vita e che tutto quel che si vive possa essere trasformato in musica. Ad un certo punto della sua avventura ha capito che bisogna perdersi per seguire meglio la propria condizione e, con la bacchetta del mago direttore, ha compiuto la più straordinaria delle magie: vivere. Lasciate che continui a farlo, che continui a perpetuare magie umane, oltre i pregiudizi, gli stupori, le sue legittime paure.

Un giorno ci ha detto: «Mi reputo un uomo fortunato: la musica mi ha sempre aiutato ad incuriosirmi di tutto, a partire dal fattore umano e storico di un qualsiasi compositore. Questo mi ha portato a diventar curioso anche di quello che capita a me. Essere ogni tanto chiuso in una stanza non è un’esperienza speciale, può capitare a tutti con piccoli o grandi disagi». La dodicesima stanza a cui fa riferimento il titolo di uno dei suoi ultimi dischi non è altro che la vita. «Le stanze sono spazi comuni della nostra esistenza che diamo spesso per scontati, e invece sono il mondo, rappresentano un luogo non solo fisico. Per questo ho preso a studiarle, a studiare la loro forma, il loro perché».

Mario Brunello, il grande violoncellista, pensa che nel buio di quelle stanze Bosso sia diventato un «minimalista mediterraneo», lontano dalle matematiche del minimalismo americano. In vero è un compositore che ha sempre messo al centro della musica un’immagine che diventa cellula e poi sviluppa altre immagini. È un musicista curioso Ezio Bosso, anche di quel che gli è capitato: la partitura più difficile da capire, interpretare, dirigere. Per questo una cosa chiede ancora alla vita: perdere il passato per seguire l’inaspettato.

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