Coalizioni e partiti, programmi in slalom

Contenuti e schieramenti sono l’essenza della politica, ma devono andare d’accordo, essere coerenti. Con la legge elettorale vigente, che ha obbligato i partiti a contorsioni, la confusione segnaletica è aumentata.

L’unica cosa ben visibile è che non ci sono più i vecchi schieramenti di centrodestra e centrosinistra, se mai un destracentro e un sinistracentro. Sono intanto nati in pochi giorni programmi di coalizione intrecciati con quelli specifici delle varie componenti. I primi per forza di cose vaghi e generici, i secondi tutti protesi all’identitarismo spinto. La ridda dei riposizionamenti è stata spiazzante (è scomparsa, ad esempio, la funzione critica dei cespugli del centrodestra, ora ben allineati) e i programmi non sempre sono stati in grado di adeguarsi con altrettanta disinvoltura. Prendiamo il centrosinistra. Il programma di Azione è stato scritto in gran parte da Cottarelli, ma lo stimato economista si è poi candidato col Pd. Il programma dell’alleanza iniziale tra Pd, Azione e +Europa è stato invece scritto di suo pugno proprio da Calenda, e benedetto da tutti con tanto di bacio in fronte, ma poi Calenda non ha accettato il contemporaneo accordo con la sinistra, ed è andato per conto suo. Programma? È rimasto quello vecchio, per cui uno che oggi è avversario continua a firmare virtualmente la proposta. Un bel paradosso. Tanto, ogni partecipante ha portato il suo, a cominciare dal Pd, in 37 pagine. Libertà di sventolare bandiere. Fratoianni e Bonelli, ad esempio, vogliono trasporti pubblici e istruzione gratis per tutti. Bellissimo, tanto poi ci sarà un ministro dell’Economia che ti farà correre…

Idem a destra, dove esiste uno scarno programma condiviso, ma ogni partito si è poi fatto il suo, perché va bene la coalizione, ma ognuno ha una vetrina da riempire! Risultato, un menu alla carta in cui l’elettorato potrebbe scegliere spigolando tra destra, centro e sinistra. Ma il voto è unico. Sei atlantista? Bene, c’è il Pd, che su questo non scherza. Ma c’è anche FdI. Anzi, a ben guardare, puoi fare un vero slalom tra idee diverse. Se ti capita uno della Lega lo viene a sapere l’ambasciata russa, se hai uno di +Europa puoi star tranquillo che sei nell’ortodossia degasperiana, ma se ti capita quello di SI, vuol dire che non vuoi neppure Svezia e Finlandia a dare una mano all’Ucraina. Se poi sei anche europeista, l’idea della Meloni è molto più a favore dell’Europa di quella del suo alleato Salvini, ma molto meno dell’alleato Forza Italia. Attenti però al trucco: FdI è per l’Europa confederale (quella delle patrie e dei sovranisti) mentre a Bruxelles il credo è federalista, e domani non gradiranno ritorni alla De Gaulle o posizioni alla Orban.

Sei ambientalista? Berlusconi è per le rinnovabili, ma vuole il nucleare, beninteso «di quarta generazione», quindi dopodomani. E la Meloni lo vuole «pulito e sicuro», capirai che fatica. A sinistra, i Verdi non ne vogliono sentir parlare, ma la scelta non è esclusa dal programma di coalizione, che ancora risente delle condizioni dettate da Calenda, duro a favore di termovalorizzatori e rigassificatori. Se questi non li vuoi a Piombino, scegli FdI che in città ha un sindaco sulle barricate contro. E se chiedi ai 5S come affrontare la lunga transizione verso le rinnovabili, scrivono «con impianti compatibili con le richieste dell’Europa e non inquinanti». Cioè? Che vuol dire? Si dice che nessuno legga i programmi dei partiti, ma allora restano gli slogan dei talk show. O roba vecchia, risalente al 1994, o sterili polemiche su temi come tasse e pensioni, che richiedono visioni complessive non spiegabili con una battuta. Ma allora è come dire che si deve votare ad istinto, per il feeling che esprime un leader o per il mitico e mai definito «cambiamento». Cosa già vista e pericolosa, in tempo di guerra e inflazione.

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