L'Editoriale
Domenica 24 Luglio 2022
Cercasi leader per ordine mondiale
Il triangolare di Teheran ha partorito il classico topolino. E non c’era bisogno di aspettare le bombe di Mosca su Odessa per capirlo. Iran, Turchia e Russia - in quello che doveva essere il controvertice in risposta all’appena conclusa visita dell’americano Biden in Medio oriente - non sono riusciti manco a mettersi d’accordo su luogo e data per riannodare i lavori del Comitato costituzionale siriano all’interno del cosiddetto «processo di (pace) di Astana».«Noi come Paesi garanti - ha rimarcato il turco Erdogan - dobbiamo fare tutto il possibile.
Già ora sono spettacolari le acrobazie linguistiche per spiegare all’opinione pubblica interna che questa è una «operazione militare» per salvare la vita dei civili del Donbass, e non una guerra. Per generazioni durante l’epoca sovietica i russi, ma anche gli ucraini, sono stati abituati a sentire racconti sugli «occupanti», sugli «invasori», sugli «aggressori», sui «nazisti» che hanno massacrato la popolazione. Adesso chi è l’invasore? Chi sta aggredendo? Chi sta occupando? Il linguaggio utilizzato da entrambe le parti in causa non a caso è simile, se non uguale.
Le sorti dello scontro dipenderanno certamente dagli eventi militari sul campo di battaglia in Ucraina ma anche dalla posizione che assumerà l’opinione pubblica in Russia. Ecco perché ad esempio - dopo che numerose «stelle» dello spettacolo, dello sport, del giornalismo hanno rilasciato dichiarazioni per la pace e contro la guerra – i palinsesti dei canali televisivi federali sono cambiati per il weekend: i programmi di intrattenimento sono stati sostituiti da quelli di politica, di inquadramento culturale e dai talk-show di propaganda.
Allo stesso tempo l’Autorità federale per le telecomunicazioni ha deciso di limitare l’accesso a Facebook, poiché quest’ultimo ha bloccato la produzione dei mass media russi. Invero l’obiettivo è un altro: evitare che video e foto provenienti da Kiev nonché i «post» degli ucraini, che sono scritti nella lingua di Pushkin (guarda caso: un russo vissuto a San Pietroburgo, ma nato nell’odierna Ucraina) possano girare liberamente. Difficilmente vi sarà una discesa in massa nelle strade dei russi, ma l’Amministrazione Putin ha buttato la maschera e, ormai è palese, non ha rispettato i tanti patti non-scritti col Paese. Impossibile inventarsi in futuro altre narrative potenzialmente vincenti con un tale peso sul groppone. Ecco perché all’improvviso il Cremlino è disponibile ad iniziare un negoziato con il presidente Zelensky.
Sul campo di battaglia le cose per i russi non vanno come erano state preventivate. Gli ucraini, a quanto pare, probabilmente avvertiti dalle intelligence occidentali, hanno messo in salvo l’aviazione e i sistemi di difesa anti-aerea. Le Forze armate di Kiev hanno reagito duramente e non sono più quell’armata Brancaleone del 2014. La popolazione ha preso le armi. Negli ultimi mesi, quando si parlava con gli specialisti militari, si ricavava l’idea che i soldati di Mosca avrebbero incontrato in Ucraina folle festanti ad accoglierli come «liberatori». Clamoroso è l’errore commesso.
Adesso come a Stalingrado i sovietici contro le truppe dell’Asse, anche qui gli ucraini dovranno metterla sul duello fisico con un nemico meglio armato, ma meno numeroso e non motivato. Più passerà il tempo più avranno possibilità di vittoria, pagando però un prezzo altissimo in vite umane. L’azzardo di Putin è stato clamoroso: in tanti gli avevano detto di stare alla larga dall’Ucraina. Se il capo del Cremlino perderà questa partita, la Russia - diventata nel 1709 Potenza europea a Poltava (Ucraina) con Pietro il Grande sconfiggendo gli invincibili svedesi – rischierà di venire detronizzata a Kiev, proprio dove nacque la «Rus», da cui storicamente fanno trarre la loro origine sia i russi sia gli ucraini.
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