Cassazione nel mirino, la scivolata di Salvini

ITALIA. Non può essere considerato uno dei tanti episodi di polemica fra il governo di centrodestra e la magistratura.

No, perché non era mai successo a memoria di cronista che un governo della prima come della Seconda Repubblica, attaccasse così frontalmente la Corte di Cassazione, il livello di giurisdizione più alto del Paese: neanche Berlusconi era mai arrivato lassù a litigare nientedimeno che con il primo presidente della Corte. Siamo insomma di fronte quasi ad un punto di svolta, ad una dichiarazione di guerra totale che non si sa come e dove possa andare a finire. Ma vediamo i fatti. La Cassazione ha dato ragione ad un gruppo di migranti eritrei, di quelli che furono costretti a rimanere a bordo della nave «Diciotti» di fronte alle coste siciliane dal 16 al 25 agosto 2018 perché il ministero dell’Interno (ministro Salvini, presidente del Consiglio Conte, governo giallo-verde) negava loro la possibilità di sbarcare per via di un rimpallo fra Roma, Malta e Bruxelles.

Dopo quell’episodio - che si concluse, per via del gran clamore, con lo sbarco dei migranti - contro Salvini ci fu una iniziativa giudiziaria che però, a differenza di quella sulla Open Arms, si fermò subito grazie ad un voto della Camera. Un gruppo di migranti prese allora l’iniziativa di fare causa allo Stato italiano chiedendo un risarcimento per i danni subiti: respinti in primo e secondo grado, hanno invece visto accolte le loro ragioni dalla Suprema Corte secondo la quale la condotta del governo violò i diritti umani avendo un carattere «lesivo e civilmente illecito», che nemmeno poteva essere giustificato dalla insindacabilità della politica perché «l’azione del governo non può ritenersi insindacabile laddove siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini e degli stranieri» che avevano diritto di essere salvati come prescrive da sempre il diritto del mare. Conclusione: il governo deve pagare il dovuto agli eritrei.

Quando la sentenza è uscita, si è scatenato il pandemonio. Soprattutto da notare la durezza della dichiarazione della presidente del Consiglio secondo cui è «frustrante» dover spendere dei soldi «dei cittadini onesti che pagano le tasse» per rimborsare «chi ha provato ad entrare illegalmente in Italia» proprio mentre mancano le risorse per fare «tante cose necessarie»

Quando la sentenza è uscita, si è scatenato il pandemonio. Soprattutto da notare la durezza della dichiarazione della presidente del Consiglio secondo cui è «frustrante» dover spendere dei soldi «dei cittadini onesti che pagano le tasse» per rimborsare «chi ha provato ad entrare illegalmente in Italia» proprio mentre mancano le risorse per fare «tante cose necessarie».

Naturalmente Salvini è stato ancora più aspro, come ormai gli capita sempre più spesso nelle sue dichiarazioni: «Paghino i giudici che, se amano tanto gli immigrati, li accolgano a casa loro» invece che «interferire indebitamente» con l’azione del governo. Dunque: sentenza «vergognosa». Molto più contenuti i commenti di altri due protagonisti, Tajani e Piantedosi (che all’epoca era capo di Gabinetto di Salvini al Viminale) che comunque hanno dichiarato di non condividere la sentenza della Cassazione.

La prima presidente della Corte Margherita Cassano, magistrato autorevolissimo e silenzioso, a quel punto ha vergato quattro righe di un comunicato stampa in cui, premesso che qualunque sentenza può essere criticata, ritiene «inaccettabili gli insulti con cui si mette in discussione la divisione dei poteri dello Stato democratico». Ma il comunicato non ha chiuso la giornata: la Lega ha controreplicato mettendoci un altro carico contro i giudici. L’Anm e due terzi del Csm si sono schierati con la Cassazione mentre il Pd è andato all’attacco del governo «che randella la magistratura». Silenzio dal M5S: la circostanza che all’epoca dei fatti Giuseppe Conte era il presidente del Consiglio del governo che così agiva, deve aver indotto l’ex «Avvocato del popolo» ad una prudente, per quanto insolita, riservatezza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA