Caso libico, l’imbarazzo europeo del governo

MONDO. Lo scontro politico sul generale libico Osema Almasri sta debordando oltre i confini nazionali esponendo a molte critiche il governo e il centrodestra che reagisce alzando sospetti nei confronti della Corte penale dell’Aja.

Ma andiamo con ordine. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi il 23 gennaio in Senato ha spiegato che il militare libico, uomo potentissimo a Tripoli ma ricercato dai giudici europei per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, è stato espulso dall’Italia e rimandato nel suo Paese perché, essendo stato scarcerato dalla magistratura e trovandosi dunque a piede libero, costituiva un pericolo per la sicurezza dello Stato. Su come mai sia stato scarcerato dopo essere stato fermato su richiesta dell’Aja, ci sono versioni divergenti. Arresto «irrituale non previsto dalle leggi» secondo Piantedosi. Altre fonti dicono invece che, se avesse voluto, il Guardasigilli avrebbe potuto sanare quella «irritualità» e mantenere Almasri in carcere ottemperando alla richiesta dei giudici europei. E anche dalla cittadella giudiziaria di Roma escono comunicati che fanno intendere che, ad un segnale del governo, avrebbero convalidato l’arresto.

Le accuse dell’opposizione

Da questa sequenza di circostanze scatta l’accusa dell’opposizione al governo: liberare il libico è stata una scelta politica. Il motivo di questo sospetto lo si rintraccia nella biografia di Almasri che è il capo della polizia giudiziaria libica e sovrintende ai campi di detenzione dei profughi, dunque un personaggio fondamentale nel contrasto al flusso dei migranti illegali. Ecco perché l’opposizione accusa il governo: «Non potevate permettervi di tenerlo in carcere» è ciò che dicono Schlein, Fratoianni, Conte, Bonelli.

Sarebbe tale l’imbarazzo del governo italiano da farlo venir meno ad una richiesta della Corte dell’Aja i cui uffici hanno accusato l’Italia di non collaborare come suo dovere, per poi definire «gravissimo» ciò che è accaduto. A peggiorare il clima, una battuta del ministro degli Esteri Tajani: «Non è che l’Aja sia la bocca della verità». E a chi gli chiedeva di commentare le accuse dell’opposizioni sull’imbarazzo del governo, Tajani ha risposto: «Non siamo sotto scacco di nessuno».

Parole che hanno rinfocolato le polemiche del centrosinistra che a questo punto hanno investito direttamente la presidente del Consiglio: «La smetta di nascondersi dietro i suoi ministri e, visto che aveva promesso di dare la caccia ai trafficanti di esseri umani, venga in Parlamento a spiegare cosa è veramente successo e perché abbiamo liberato un criminale addirittura riportandolo in patria con un aereo dei servizi segreti».

Domandano deputati di Fratelli d’Italia: «Per quale ragione la Corte dell’Aja ha emesso il mandato di cattura solo quando Almasri ha toccato l’Italia dopo aver girovagato per mezza Europa ed essere stato ad appena 150 km proprio dall’Aja?»

Difficile che la richiesta venga accolta. Piuttosto tra le fila della maggioranza va serpeggiando un sospetto, e cioè che si sia voluto deliberatamente mettere in difficoltà Giorgia Meloni. Domandano deputati di Fratelli d’Italia: «Per quale ragione la Corte dell’Aja ha emesso il mandato di cattura solo quando Almasri ha toccato l’Italia dopo aver girovagato per mezza Europa ed essere stato ad appena 150 km proprio dall’Aja?».

Un personaggio ingombrante

Trovarsi in casa un personaggio così ingombrante, data la situazione libica, sarebbe stato un problema per chiunque ma soprattutto per gli italiani i quali con le cosiddette «autorità» del nostro dirimpettaio devono fare i conti tutti i giorni, anche quando sono dei criminali. Nel centrodestra non lo dicono davanti ai microfoni ma basta parlare in confidenza per sentirsi dire: «Dopo l’allineamento dell’Italia alla Casa Bianca di Donald Trump, in Europa è cominciata la vendetta contro Giorgia Meloni».

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