L'Editoriale
Domenica 25 Agosto 2024
Casa Bianca, uno contro l’altra verso il centro
MONDO. Da qualche giorno, il gioco per le elezioni presidenziali Usa del 5 novembre si è fatto tremendamente serio. Lo era già, e a dimostrarlo bastano due clamorosi episodi: il defenestramento del presidente in carica, Joe Biden, e l’attentato subito da Donald Trump, a metà luglio, da parte di un ragazzo dalle motivazioni confuse e di fatto incomprensibili.
. I due episodi hanno drogato la campagna elettorale con un carico di emozioni difficile da gestire. L’attentato, fallito per un nulla, ha dato una forte spinta a Trump. La rinuncia di Biden (che Bill Clinton per questo ha poi paragonato a George Washington) ha risolto lo psicodramma democratico e ha circonfuso di entusiasmo la candidatura, a quel punto inevitabile, della Harris. Per qualche settimana, l’appuntamento politico più importante al mondo, e nel caso specifico un voto che molti analisti americani considerano uno dei più significativi nella storia del Paese, è sembrato trasformarsi in uno show di Oprah Winfrey.
Adesso, però, l’ora dei sentimenti è scaduta. Kamala Harris è ufficialmente il candidato del Partito democratico, Donald Trump lo era da tempo e senza discussioni per il Partito repubblicano. Da qui a novembre sarà guerra senza esclusione di colpi. E una cosa è già chiara: la democratica e il repubblicano stanno correndo a più non posso verso il centro. In senso geografico, tanto per cominciare. Sia la Harris sia Trump hanno scelto come vice due tipici esponenti dell’America profonda, che hanno il compito di raccogliere il voto delle sterminata provincia che si estende tra la costa Ovest e quella Est. Il repubblicano J.D. Vance viene da una famiglia di umili origini dell’Ohio, ha servito nell’esercito, è stato il cantore della cultura hillbilly (i montanari) con un libro di grande successo, e poi ha fatto fortuna con le nuove tecnologie. Il democratico Tim Walz è nato in una famiglia di insegnanti del Nebraska, ha servito nella guardia Nazionale, è stato a sua volta insegnante anche nelle riserve indiane, prima di scoprire la politica fino a diventare governatore del Michigan. Parabole simili e molto molto tipiche degli elettori che entrambi i partiti puntano a conquistare.
Ma si corre verso il centro anche in senso sociale. Sia la Harris sia Trump sanno che sarà il voto della classe media a decidere la sfida. E il sistema per affascinarla e soddisfarla sarà al centro di tutte le loro preoccupazioni fino a novembre, avendo entrambi preso atto che le politiche di Biden, più o meno illuminate che fossero, non hanno scaldato il cuore delle famiglie. La Harris, alla convention democratica, si è portata molto avanti e ha proposto, oltre a un inasprimento delle tasse per i grandi patrimoni e per le aziende (la corporate tax dovrebbe passare dal 21 al 28%), anche una legge contro le speculazioni sui beni di prima necessità. Trump ha subito parlato di «controllo dei prezzi» e, ovviamente, di «comunismo». Ma a parte le sue battute, contro la proposta si sono subito inalberate le aziende del settore alimentare e le organizzazioni della vendita al dettaglio, che hanno fatto notare che il margine di profitto dei loro iscritti (nel 2023 l’1,6%) è già molto basso. Trump mostra la stessa preoccupazione ma prova a risolverla in maniera più tradizionale. La sua ricetta? Deregulation, tagli alle tasse, dazi sempre più pesanti sulle importazioni (prime fra tutte quelle dalla Cina) per ridare fiato all’industria nazionale. Un reaganiano in ritardo, Trump. Comunque un politico astuto che sa quanto l’ingerenza dello Stato nell’economia sia difficile da digerire per gli americani.
E verso il centro, ovvero per il mantenimento dello status quo, muovono entrambi i candidati anche per quanto riguarda la politica estera. Scomparsa l’Europa dalle loro agende, resta il sostegno senza se e senza ma per Israele (tra i democratici appena velato da qualche preoccupazione umanitaria) e l’ostilità per i Paesi, siano essi canaglia o meno, che sfidano la supremazia Usa. Trump più contro la Cina che contro la Russia (ma solo perché pensa di poter controllare Mosca), la Harris contro la Cina e contro la Russia. E novembre è ancora lontano.
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