L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 09 Febbraio 2019
Candidati cercansi
se la politica resta orfana
E niente, l’impegno in politica spaventa, o forse semplicemente non interessa, come dimostra la nostra inchiesta sulla carenza endemica di candidati alle prossime amministrative in tutta la provincia. Nessuno alza la mano, nessuno fa un passo avanti. Poche liste, pochi volenterosi. Don Sturzo, dove sei?Proprio così, a me questo deserto politico ha richiamato il fondatore del Partito Popolare. Ne servirebbe uno nuovo, che lo imitasse nei valori e nell’entusiasmo, al di là dei contesti storici che non si ripetono (Sturzo vestiva la tonaca, oggi non sarebbe possibile). Purtroppo, a un secolo esatto anni dal suo storico appello sui «liberi e forti», i giovani si sentono «schiavi» e «deboli». Ormai uno scranno al Consiglio Comunale o Provinciale, o addirittura la fascia tricolore di sindaco, non è per nulla invitante, e nemmeno appetibile.
Una cosa vecchia, come il telefono a gettoni, la macchina da scrivere, il pennino o la carta assorbente. Ma come è possibile? E pensare che proprio Sturzo iniziò la sua carriera come vicesindaco di Caltagirone e fondò l’Associazione nazionale comuni italiani. E ancora oggi la politica locale resta un formidabile tirocinio per chi ha ambizioni più alte e sogna il Parlamento. Non c’è niente di più bello che servire la propria città. Tocqueville diceva che le nazioni le fanno gli uomini ma i Comuni li ha fatti Dio. Nei Comuni gli effetti del proprio agire politico ce l’hai tutti i giorni sotto gli occhi, li vedi passare davanti alla tua finestra.
Nei Comuni i cittadini ti incontrano e ti ringraziano (e se non ne sei degno magari ti sputano in un occhio). Alle origini dei Comuni ci sono le polis, le città Stato greche che duemila e cinquecento anni fa fondarono la democrazia. Perché il Comune, in fondo, è il liquido amniotico della democrazia, il collante del grande mosaico dei corpi intermedi: le imprese, le cooperative, le associazioni, le istituzioni, i servizi, le organizzazioni di volontariato, le professioni, le comunità laiche ed ecclesiali. Macché. La politica locale non attira più. Inutile andare a ricercare una causa precisa di questa «morìa» di vocazioni politiche che lasciano in bianco le liste elettorali.
I fattori sono molteplici. Una concezione dell’agire amministrativo come qualcosa che non conviene, o magari l’illusione che non serva più perché ormai con i social basta la democrazia digitale, il disarmante spettacolo di tanti assessori presi con le mani nel sacco della corruzione in tutta Italia, lo sfibrante spettacolo del logorio delle istituzioni, del chiacchiericcio inutile che spesso riempie le pagine della cronaca bianca. Oppure l’illusione che libertà, giustizia e pace duratura si conservino per altre vie, magari in sedi di più alto profilo, e non nell’esercizio quotidiano di chi è dentro una giunta, un consiglio, un ufficio di primo cittadino. Senza sapere che pace e giustizia significano anche risolvere il problema dei rifiuti, rifare il piano regolatore, assicurare lo scuolabus dei bambini o tappare le buche delle strade.
Nessuno vuol fare più politica perché è venuto meno lo spirito di servizio, la concezione della cosa pubblica come impegno civile. E se viene meno tutto questo, la cosa si riduce a un affare poco conveniente, antico, novecentesco, vuoto e persino noioso. Qualcosa che ha che fare, più che con lo scranno, con una «cadrega» da occupare. Un antico mestiere decadente e poco redditizio, su cui sputare tranquillamente sopra. Cari giovani, non lasciamo la politica ai più motivati, o ai più determinati. O semplicemente – in qualche caso - ai mediocri. Don Sturzo si rivolgeva a uomini «moralmente liberi» e «socialmente evoluti». L’appello resta ancor valido.
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