Calenda senza freni: la sintesi difficile

«Un hacker per silenziare Twitter lo abbiamo?», si chiede il dem Matteo Orfini, commentando le raffiche di tweet di Carlo Calenda, che in questi giorni, dopo l’accordo con Enrico Letta, spara a colpi di «social» nel saloon del centrosinistra su chiunque si azzardi a criticare l’Agenda Draghi. Ma un hacker non si trova e il leader di Azione continua a ricaricare i suoi «cinguettii» come nel Far West.

Ora i suoi bersagli preferiti sono il leader dei Verdi Angelo Bonelli, da poco entrato nella coalizione guidata dal Pd, e Nicola Frattoianni, tormentato segretario nazionale della Sinistra italiana, accusato di essere contrario all’allargamento della Nato. Calenda, divenuto il protagonista di quest’estate politica, abilissimo nel far valere la sua rendita di posizione, aveva sparato alzo zero anche sui Cinque Stelle e sullo stesso Letta fino al giorno prima di stringere l’accordo, trasformando il «campo largo» in un campo di tiro. E non ha nessuna intenzione di smettere nella difesa ostinata dell’Agenda Draghi, il fantasma che si aggira per l’Europa in questa surreale campagna elettorale, l’unica della storia della Repubblica dove un premier dimissionario guida ancora vivo e vegeto un Governo mentre un altro partito si candida a suo continuatore in tutto e per tutto, punto per punto, senza peraltro averne mai fatto parte.

Che significa Agenda Draghi? Non lo sa nemmeno Draghi, che ha detto che per quanto gli riguarda non esiste. Ma nel centrosinistra, in questo momento, la situazione è la seguente (non che nel centrodestra le cose siano molto differenti): un campo di Agramante che tenta risolutamente di contrastare il centrodestra favorito dai sondaggi in cui gli alleati se la danno di santa ragione per marcare le differenze identitarie. Differenze che però devono trovare una sintesi. È il paradosso della politica italiana, dove gli algoritmi degli schieramenti possono moltiplicare o diminuire i consensi così che due più due non fa quattro ma può fare otto oppure zero. A Enrico Letta il compito di ricomporre questo guazzabuglio e trovare la cifra giusta: liberisti o post comunisti? Patrimoniale o meno tasse per tutti? Conservatori o ecologisti? Tutti e due. Ma quanto dell’uno e quanto dell’altro? Mentre i Cinque Stelle di Giuseppe Conte (o di Di Battista?) dopo aver rovesciato il tavolo e mandato tutto a carte quarantotto sono sempre più felicemente isolati, come del resto desideravano, così da presentarsi agli elettori come «partito antisistema» nonostante abbiano sostenuto ben due governi, uno di centrodestra e uno di centrosinistra. La politica, si sa, ha la memoria corta.

E i programmi? Proprio per le difficoltà delle due coalizioni se ne vedono pochi in questa campagna elettorale di mezza estate, a parte qualche slogan. Finora abbiamo assistito a una sarabanda di trattative, dichiarazioni di intenti, insulti anche personali, invettive a distanza, fatwe e se va avanti così persino macumbe, complice l’incontrollato e abnorme ricorso ai social. Tutte cose scritte sull’acqua o nell’aria, perché il giorno dopo si torna a trattare e a stringere accordi. Hacker ne abbiamo? No, non ne abbiamo.

Nel frattempo l’Italia dell’economia e del lavoro sembra percorrere una strada parallela, infischiandosene di una campagna elettorale così convulsa, fino a imboccare la ripresa, competere con la Germania e aumentare i posti del lavoro. Un Paese reale che sembra ancora più distante con quello che Spadolini chiamava il Paese legale, lontano dal formicolio politico di questi giorni. Verrà il giorno però in cui i due Paesi dovranno necessariamente incontrarsi e ricollegarsi in tutte le loro articolazioni sociali ed economiche.

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