Bisogna rafforzare
il sistema pubblico

Siamo in guerra. Il fatto è inoppugnabile e a nessuno dovrebbe sfuggire l’esigenza di tenerne conto nei comportamenti individuali. Su questo versante le autorità pubbliche stanno facendo tutto il possibile, tocca a ciascuno di noi capire l’importanza di accettare le limitazioni che ci vengono imposte. Altro aspetto è quello riguardante le scelte in grado di affrontare l’emergenza. I due fronti più «caldi» sono la salute dei cittadini e l’economia. Sul primo l’Italia sta dimostrando - attraverso l’abnegazione degli operatori sanitari, degli addettialla sicurezza pubblica e a quella civile; nonché attraverso il valore civile dell’opera dei volontari e del comportamento delle persone coscienziose – la bontà degli sforzi fatti e che si stanno facendo per arginare la diffusione del virus.

Sul secondo versante le decisioni recenti della Bce e dell’Ue danno all’Italia la possibilità di intervenire massicciamente per evitare il tracollo del Paese. Il corretto utilizzo delle risorse messe sul piatto dall’Europa rappresenta il banco di prova per il nostro governo e per chi deve, in ogni singolo settore, impiegare le risorse delle quali disponiamo o disporremo a breve.

Le mosse effettuate tanto dal governo quanto da alcuni operatori economici privati mostrano quanto sia diventato indispensabile rafforzare i presidi pubblici. Tanto nell’immediato quanto nelle prospettive di rilancio del sistema economico e sociale a valle della risoluzione della pandemia in corso. Gli esempi non mancano. L’urgenza di aumentare in tempi rapidi la produzione di ventilatori per i malati gravi ha indotto il governo a inviare personale militare per contribuire all’attività dell’unica azienda italiana che li produce. Analogamente, per la produzione di mascherine, diverse aziende tessili stanno riconvertendo i prodotti. In molte attività di interesse pubblico, si sta utilizzando l’esercito come supporto tecnico-logistico. In più, il loro intervento è iniziato anche nell’opera di sorveglianza sulle infrazioni ai decreti relativi alla mobilità delle persone. L’insieme delle scelte compiute avrà esiti positivi se vi saranno direttive univoche e coordinate, se si eviteranno difformità nell’applicazione delle norme e nell’osservanza delle regole. Ma, soprattutto, se vi sarà un salto di qualità nell’azione delle amministrazioni pubbliche.

Al riguardo, un precedente storico può servirci da insegnamento. Nel corso della prima guerra mondiale l’esigenza di materiali e mezzi bellici portò a una massiccia conversione della produzione industriale. Per renderla operante si fecero «innesti» nelle posizioni di vertice dei ministeri, chiamandovi alcuni noti «capitani d’industria». Si creò, in tal modo, una proficua contaminazione che servì ad allentare in settori chiave del sistema pubblico i sistemi di stampo burocratico. Ne venne fuori un’amministrazione nuova che – pur dovendo scontare episodi di affarismo – si dimostrò all’altezza delle circostanze. Tanto che, dopo la crisi mondiale del 1929, l’evoluzione verso uno Stato imprenditore servì da volano e sostegno alle imprese private. Un sistema che, con tutte le sue pecche, ha garantito lo sviluppo del Paese nei decenni successivi al Secondo conflitto mondiale.

Oggi siamo di fronte alla medesima esigenza: una sterzata rapida e incisiva nell’azione del sistema pubblico per affrontare e superare un’emergenza di dimensioni colossali. Alcune scelte sono già state fatte, a cominciare dalla nomina del Commissario per l’emergenza. A ciò va aggiunta la capacità di dare spazio, nelle posizioni di rilievo, a persone competenti ed esperte. Molte di esse già sono presenti nelle strutture pubbliche (basti vedere come operano gli ospedali e la Protezione civile). Altre possono essere reclutate dal settore privato con criteri di carattere eccezionale. Alla base una scommessa: scegliere i migliori, chiamando in causa persone come il comandante Arma e levando di mezzo (se ci sono) personaggi come il «comandante» Schettino. In ciò la politica deve mostrarsi all’altezza, puntando sulle persone giuste, evitando privilegi di casacca e di appartenenza politica.

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