Berlusconi apre a Conte
e spariglia i partiti

Per capire da dove origini tutto ciò che sta accadendo nei rapporti tra la maggioranza e Forza Italia, bisogna partire dal Senato. La spiegazione sta infatti tutta lì. A Palazzo Madama la crisi grillina, le continue defezioni di parlamentari alla ricerca di sponde sicure per la rielezione, ha eroso pericolosamente il già esiguo margine di sicurezza della maggioranza per continuare a sostenere col voto le decisioni del governo. Così stando le cose, ogni atto che Conte manda a Palazzo Madama è a rischio di bocciatura da parte dell’opposizione di centrodestra (che nel frattempo si è rafforzata, soprattutto la Lega, proprio grazie alla fuga grillina). Da qui nasce il canto delle sirene che dalla maggioranza vola verso Berlusconi e la sua tradizionale vocazione alla «responsabilità». Il Cavaliere, che quasi trent’anni fa era estraneo al «teatrino della politica», oggi è invece un espertissimo navigatore, e sa come destreggiarsi in queste situazioni.

Berlusconi ha vari obiettivi da raggiungere in questo gioco. Primo, riprendersi una centralità politica che i suoi acciacchi di ultraottantenne e la crescita dell’ala sovranista del centrodestra gli hanno sottratto. Secondo, guadagnare qualche vantaggio per sé e le sue aziende. Terzo, dare una stecca a Salvini che pensa di fare a meno di lui. E così da settimane ha cominciato il gioco tattico di chi è sì responsabile, offre collaborazione al governo «in nome dell’interesse nazionale» e secondo lo spirito del Quirinale ma resta all’opposizione, e tuttavia non si sottrae al corteggiamento, ammicca e nega nello stesso tempo, lascia che qualcuno sogni il rientro di Forza Italia nell’area di governo e poi lo bacchetta con indulgenza. Più quelli della maggioranza gli vanno dietro, più lui continua il balletto. E questo fa imbufalire Salvini: quando il governo ha fatto votare una norma che mette Mediaset al riparo dalle scorribande dei francesi, la Lega si è messa in mezzo e ha provato a fermare «l’inciucio» contro cui Salvini ha tuonato. E non basta: il Carroccio ha finalmente fatto salire a bordo tre parlamentari berlusconiani che da almeno due anni bussavano alla sua porta implorando un posto per la rielezione. Siamo a un passo dalla rottura, insomma, perché come è noto, se a Berlusconi si tocca Mediaset poi bisogna aspettare i colpi della contraerea. Tanto per cominciare il vecchio leone ha ricordato a Salvini che senza Forza Italia la Lega non governerà mai e farà la fine della Le Pen, isolata e marginale in Europa dove è allontanata da tutti. E si badi bene, questi fulmini da Arcore sono partiti verso Salvini, non verso Giorgia Meloni che Berlusconi stima e che non a caso in queste ore sta zitta o parla d’altro.

In tutto ciò anche i partiti di governo naturalmente si dividono. Perché il rapporto con Berlusconi ognuno lo vuole a modo suo: ristretto al gioco parlamentare per Zingaretti; allargato ad una vera alleanza politica secondo Renzi; rifiutato a parole ma accolto nei fatti come un amore adulterino per Di Maio. Quest’ultimo in effetti è quello in maggiore difficoltà: dopo aver fatto digerire ai suoi l’alleanza con l’ex «partito di Bibbiano» è difficile schierarsi a favore di un’intesa con colui che i grillini più gentili definivano sbrigativamente «un mafioso».

Il problema insomma è tutto qui. Se qualcosa non succede, prima o poi il governo al Senato «andrà sotto», magari sulla legge di Bilancio (che porterebbe alle dimissioni). Ma questo qualcosa che deve succedere è estremamente pericoloso per tutti. L’unico che per il momento trae vantaggio dalla presente circostanza è Berlusconi il cui telefono è finalmente tornato a suonare incessantemente.

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