Berlino alla ricerca della grande coalizione

MONDO. I cristiano-democratici di Friedrich Merz sono con il 28,4% il primo partito, seguiti da «Alternative für Deutschland» con il 20,1%. I grandi sconfitti sono i socialdemocratici dell’attuale cancelliere Olaf Scholz.

Con il 16,3% raggiungono il peggior risultato di sempre. Perdono dieci punti rispetto alle elezioni del 2021. La Spd con i suoi 160 anni è il più vecchio partito d’Europa e con questo esito elettorale sembra dimostrarli tutti. Con il 12,4% i Verdi hanno contenuto a quasi il 3% la perdita dei consensi elettorali. I problemi legati alla crisi energetica sono stati spesso addebitati alle ambizioni ambientaliste del titolare dell’Economia Robert Habeck. Appare tuttavia evidente che «die Grünen» possono contare su uno zoccolo duro. Ma hanno dovuto cedere voti alla Linke. Con l’8,8% il partito erede della Sed della Repubblica democratica tedesca di stampo comunista ritorna ad essere una forza politica di rispetto. Merito della nuova leader Heidi Reichinnek ma anche delle perdite di socialdemocratici e Verdi. Una parte dei loro voti sono finiti alla sinistra estrema a conferma di come queste elezioni siano all’insegna della protesta.

Ampia partecipazione al voto

L’ampia partecipazione al voto, quasi l’86% degli aventi diritto, fa sperare i seguaci del neo partito di sinistra «Bsw» legato alla persona di Sahra Wagenknecht, moglie dell’ex presidente della Spd Oskar Lafontaine. Anche i liberali tremano e la Fdp al momento è al 4,9%. I danni che l’economia ha subito in questi ultimi tre anni si sono riflessi nella chiara sconfitta dei tre partiti del governo semaforo. Voci di protesta che si sono trasformati in voti per AfD, il secondo maggior partito. Va detto che nelle elezioni del 2021 i «criptonazisti», ora appoggiati da Elon Musk, erano al 10% e ora con il 20,1% hanno raddoppiato i loro consensi. Sono già il primo partito nel Land della Turingia e in Sassonia. Il loro bacino di voti è radicato all’Est. Ma all’Ovest sono riusciti a convogliare sul proprio partito anche i voti di ampie fette di lavoratori delle grandi fabbriche. Questo è il risultato elettorale di una Germania che è andata al voto per la prima volta senza il gas russo. La crisi che investe il Paese ha lì le sue radici. L’attacco russo all’Ucraina ha privato l’economia di circa il 55% del fabbisogno energetico tedesco. La necessità di fonti alternative ha imposto prezzi insostenibili per l’industria. Una miseria che si riflette nel declino nel settore automobilistico, nella perdita di competitività dei settori chiavi della produzione: la chimica, l’acciaio, la meccanica. Tutte vittime predestinate degli alti costi energetici.

La formazione del nuovo governo

Per il vincitore delle elezioni Friedrich Merz la prima difficoltà sarà la formazione del governo. Una grande coalizione con i socialdemocratici è da escludersi perché mancano i numeri. Merz deve sperare che i liberali gliela facciano ad entrare al Bundestag. In tal modo avrebbe una maggioranza coesa. Altrimenti dovrebbe rivolgersi ai Verdi per i quali vale ancora il veto della Csu, la versione bavarese della Cdu. Il partito di Markus Söder ha guadagnato nei consensi mentre Merz non ha brillato. È la prima volta che un cancelliere Cdu-Csu ha una rappresentanza in Parlamento con un partito al di sotto del 30%. Il quadro parlamentare appare frammentato. L’elettorato ha dato segnali per un centro orientato a destra. Cioè alla AfD. Ma Merz lo esclude. Il nuovo governo con forze democratiche ha come compito distanziarsi dall’era Merkel e delineare un nuovo modello di sviluppo in grado di integrare la produzione industriale con la digitalizzazione e la ricerca tecnologica, rompendo il tabù del vincolo di bilancio. Merz sa cosa l’attende. Per gli istituti demoscopici fra quattro anni il rischio è che i «criptonazisti» di AfD ne prendano il posto.

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