Bandiera nera
dell’Europa

Poche parole fermissime per inchiodare alle loro responsabilità i «leader europei». Possibile che in uno spazio abitato da oltre 500 milioni di persone non si trovi spazio per 49 poveracci bagnati e impauriti che da due settimane ballano nel Mediterraneo ostaggi dell’intera Unione europea? Nessuno ha competenza, nessuno vuole creare precedenti, tutti chiedono soluzioni condivise, sforzi comuni. Ma poi le navi stanno sempre lì, sballottate dalle onde. Malta ha avuto pietà e ha permesso di ripararsi sotto bordo. Per gli altri, pietà «l’è morta». Sull’Europa sventola bandiera nera.

Adesso al cuore dei leader europei bussa Francesco per dire che c’è solo un modo per ammainare la bandiera della vergogna e cioè dimostrare «concreta solidarietà». Non entra nel merito delle politiche, degli accordi, delle convenzioni. Ma parla con assoluta fermezza, scandendo le parole, chiedendo di andare oltre la distinzione tra etica della responsabilità, che considera non solo i principi, ma anche le conseguenze normative delle azioni benché inintenzionali, ed etica delle intenzioni, che invece invita ad agire comunque e dunque oltre l’impossibilità prevista dalle norme per offrire uno status legale a quei 49 in mare.

Bergoglio sbaraglia, chiede invenzione, «concreta solidarietà», insomma ci prova a sollecitare un’azione, senza nascondersi dietro l’alibi della complessità del fenomeno e il paravento del controllo dei confini. Chiede un gesto di generosità e basta. Chiede di aprire le porte per alleviare una sofferenza, senza mettere sull’altro piatto della bilancia l’ossessione della «gestione dell’immigrazione». I leader europei risponderanno all’appello o preferiranno contare prima o poi 49 morti? C’è una memoria europea dalla quale è impossibile prendere le distanze. L’abbiamo appena ripassata. È quella delle leggi razziali, davanti alle quali molti, troppi voltarono la faccia. Oggi chi volta la faccia? Chi non intende dare «concreta solidarietà»? Allora alcuni aprirono le case e i conventi, così semplicemente per ragioni d’umanità, forse nemmeno politiche, perché il loro cuore venne toccato magari soltanto dall’emozione e non dall’indignazione. Hanno accolto ebrei che rischiavano la vita. Anzi hanno accolto persone, senza categoria, allora ebrei oggi migranti. Poi è maturata la consapevolezza della presa di distanza allora dalle leggi razziali e ora dalla «fortezza Europa».

La solidarietà è concreta quando decongestiona, quando non scoraggia, quando non criminalizza. Potrebbe essere l’appello di un ingenuo quello di ieri del Papa. Ci aspettiamo le solite analisi sul buonismo normali in un clima come quello che si respira oggi dove ognuno si è reso estraneo all’altro, al punto di gettar via coperte pulciose ma preziose per difendersi dal freddo. Quale democrazia sta vivendo l’Europa se deve ascoltare da un uomo come Bergoglio una lezione di giustizia che scovi un modo per superare, in nome dell’impedimento di una sofferenza che mette in pericolo la vita, la regolazione formale delle relazioni? Francesco chiede di reagire finalmente ad una crisi che sta consumando la pelle delle persone. Le persone sono il primo valore. E per quei 49 occorre agire subito, serve una reattività immediata, anche bruciando ogni spazio alla riflessione sulla convenienza politica e alla logica della razionalità politica e normativa.

Le parole del Papa sottintendono solo pietà, gesti perfino incerti e imperfetti, politicamente non corretti, ma gesti d’umanità. Invece stiamo assistendo solo ad una triste corsa alla massima cattiveria, in nome del consenso, abusando di falsità e ignoranza spalmate sui popoli d’Europa: cinquecento milioni contro quarantanove.

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