Banche, lo spread
convitato di pietra

Il dialogo a tre voci: presidente dell’Abi, ministro dell’Economia e governatore della Banca d’Italia, andato in scena ieri a Milano alla presenza di Mattarella, si è svolto secondo i canoni del galateo istituzionale. Molto garbo, preoccupazioni solo tra le righe, allusioni mai polemiche. Il respiro di sollievo per il superamento del rischio di sanzioni a carico dell’Italia si è insomma sentito profondo anche nei saloni di Palazzo Mezzanotte. Roma, con i suoi blocchi reciproci e le riforme difficili tutte al palo, era lontana. C’era però un convitato di pietra, che il presidente Abi Patuelli ha evocato fin dalle prime pagine della sua relazione.

È lo spread, condannato senza sconti ricordando che «impoverisce gli italiani». In verità, gli italiani sembra abbiano altre priorità e certo non danno mostra di preoccuparsene, come se fosse materia che riguarda solo gli uomini dell’élite in grisaglia che affollavano la platea raccolta a Milano nell’ex Borsa. In realtà, con lo spread si può se mai speculare, ma costa, ed entra nel frattempo come un tarlo nel portafoglio di famiglie ed imprese.

Lo dimostra indirettamente la soddisfazione con cui i relatori hanno registrato il suo recente calo, successivo all’accettazione di misure finanziarie dettate dall’Europa. Ma resta 70 punti sopra il livello della primavera elettorale 2018 e ben 120 punti sotto quello spagnolo. Il ministro dell’Economia ha indicato gli indicatori in miglioramento come la prova di un cambiamento rispetto ai «dubbi» di un anno fa, ma sembrava più parlare ai due azionisti di governo quando rivendicava, dopo tanti costosi scontri, la «coerenza» con le politiche europee. Quasi chiedendo solidarietà al mondo economico per l’azione ancora tutta da fare nella prossima dura manovra di autunno.

Significativo, tra l’altro, che parlando di banche, Tria abbia fatto l’elogio delle riforme attuate nella passata legislatura, che hanno consentito di rafforzare il sistema del credito «come struttura portante ed elemento essenziale dello sviluppo». Un linguaggio opposto a quelli da campagna elettorale tutti rivolti a demonizzare il settore come vero e proprio nemico del popolo. Musica per Patuelli, che ha avuto modo di ricordare nella sua relazione lo straordinario risultato del dimezzamento delle sofferenze bancarie. I dati li ha forniti Visco: rispetto al 2015, si é passati da 196 a 88 miliardi.

Da Visco, però, anche la cattiva notizia confermata di una crescita 2019 ferma allo 0,1%, mentre Tria, dopo di lui, ha insistito per lo 0,2%. Magra disputa, quasi una gara al ribasso, ricordando oltretutto che la media prevista per i soci europei è dell’1,2%. Con una Germania che - è vero - sta meglio «solo» cinque decimali più di noi, ma con Paesi che un tempo stavano in coda, che crescono ben di più, inserendo tra questi persino la Grecia. Per cui, con spirito un po’ macabro, sulla rete si è letta anche la risposta «magari!» alla previsione che l’Italia rischia di «far la fine della Grecia».

Mentre Patuelli ha chiesto di abbandonare le regola del bail in e di avviare invece il pezzo decisivo dell’unione bancaria relativo alle garanzie dei depositi, è stato soprattutto Visco a indicare le ricette: «Un piano organico di riforme per gli investimenti e la crescita», in particolare nelle infrastrutture, come premessa per la riduzione del debito.Vasto programma, verrebbe da dire, visto che tutto è fermo e il quadro internazionale è segnato (dati di Visco) da un arretramento del commercio internazionale di 2,5 punti su 4 del 2018. Con l’ottimismo della volontà Patuelli si è appellato ai valori di un’«economia sottordinata all’etica». Un messaggio che non ti aspetti in una platea di banchieri.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA