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L'Editoriale
Mercoledì 05 Febbraio 2025
Anzianità al lavoro, gli esempi da guardare
Ormai non c’è nobile obiettivo, dalla tutela dell’ambiente all’innovazione tecnologica, che non faccia invocare a destra e a manca uno sforzo di «politica industriale» pubblica.
Comunque la si pensi sulla capacità dello Stato di guidare o addirittura determinare lo sviluppo, e un po’ di cautela sarebbe d’obbligo non foss’altro per la limitatezza delle risorse pubbliche almeno in Italia, ci sono sfide ancora più basilari per il nostro Paese che non si possono affidare a un pianificatore, per quanto sapiente e munifico. Si pensi, per citarne un paio, all’incremento della competitività delle imprese e al contrasto del malessere demografico.
«Settecentomila persone vanno in pensione e 400mila sono i neonati – ha detto – già oggi abbiamo bisogno di 100mila persone in più»
La disparità anagrafica
Lo squilibrio causato dal crollo prolungato della natalità, ancora negli scorsi giorni, è stato citato dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, come la sfida delle sfide: «Settecentomila persone vanno in pensione e 400mila sono i neonati – ha detto – già oggi abbiamo bisogno di 100mila persone in più. E il problema della natalità non sarà solo italiano, ma europeo», ha sottolineato il leader degli industriali. Solo un robusto investimento sulla natalità può risolvere alla radice un problema simile. Dove per «investimento» non si intendono soldi pubblici a pioggia, ma il perseguimento di poche e precise priorità infrastrutturali (come gli asili nido e le scuole a tempo pieno) cui affiancare uno sforzo culturale ad ampio spettro che renda il più possibile naturale la conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa.
Immigrazione e innovazione sociale
Nel breve termine, se non ci si vuole limitare alla sola soluzione-tampone dell’immigrazione, occorrerà una capillare strategia di innovazione sociale. Qualcosa nei Paesi industrializzati sta già accadendo, è il momento di iniziare a trarre ispirazione. Per esempio da una delle icone dell’industria manifatturiera, l’azienda giapponese Honda, che ha appena deciso di eliminare l’età pensionabile obbligatoria per i suoi dipendenti altamente qualificati. Il vicepresidente del gruppo nipponico, Noriya Kaihara, ha detto che un nuovo «sistema di anzianità» entrerà in vigore da giugno, sarà maggiormente legato al merito e prevederà nuovi incentivi economici per chi sceglie di restare in azienda. È il contrario, per intenderci, dei classici «scivoli» pensionistici cui siamo abituati in Italia, concepiti per alleggerire i bilanci delle imprese (appesantendo spesso quelli dello Stato).
Andare volontariamente in pensione più tardi potrà consentire di concepire nuovi ruoli per i dirigenti «senior», magari con meno vincoli e maggiori possibilità di trasmettere know-how alle nuove leve
Il nuovo «sistema di anzianità», secondo i vertici di Honda, non è estraneo a uno sforzo che l’azienda deve compiere anche in nuovi settori di frontiera, inclusa l’intelligenza artificiale: andare volontariamente in pensione più tardi potrà consentire di concepire nuovi ruoli per i dirigenti «senior», magari con meno vincoli e maggiori possibilità di trasmettere know-how alle nuove leve. La sperimentazione in ogni caso avrà il risultato immediato di rallentare il restringimento della forza lavoro della terza potenza industriale del pianeta.
Anche negli Stati Uniti, dove la natalità è più alta che in Italia e in Giappone, e dove il tasso di crescita del Pil è maggiore, ci sono comunque novità degne di nota nel campo demografico. Dagli ultimi dati del Bureau of Labor Statistics e merge infatti che c’è un boom di americani in età pensionabile che scelgono di rimanere al lavoro. Il numero di over 65 che ha ancora un’occupazione è salito di oltre il 33% tra il 2015 e il 2024, quattro volte più rapidamente di tutte le fasce d’età al lavoro (8,4%) nello stesso arco temporale. Così gli over 65 rappresentano ormai il 7% della forza lavoro complessiva.
Una tendenza da replicare per quanto possibile nel nostro Paese dove il problema, attualmente, non è tanto che «non si trovano posti di lavoro», quanto piuttosto che «non si trovano lavoratori», e questo nonostante una crescita tutt’altro che robusta.
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