Anziani soli
La nostra miopia

«Ciò che l’albero ha di fiorito, vive di ciò che ha sepolto». Il verso del poeta argentino Francisco Luis Bernàrdez, scelto da Papa Francesco per riassumere il proprio pensiero su gli anziani e sul loro ruolo, tutt’altro che inutile, sembra quasi un’ovvietà. Eppure, dopo aver letto il rapporto elaborato dall’Istat sulla condizione che oggi vive la «terza età» in Italia, non resta che prendere atto - con vergogna - di quanto il nostro Paese, nel suo complesso, sia ancora lontano dal potersi definire civile su un aspetto tanto fondamentale quanto quello della tutela dei più deboli e dei più fragili.

Quello degli anziani è un dramma di dolore, di solitudine e di tristezza che si consuma ogni giorno tra l’indifferenza collettiva di una società che li vede – anzi, li considera – come un prodotto di scarto, difficile da trattare, destinato solamente a far perdere tempo e denaro. Secondo l’Istat, sono due milioni e settecentomila gli anziani al di sopra dei 75 anni costretti a vivere senza un supporto sociale adeguato, se non addirittura privi di qualsiasi sostegno, alle prese dunque con condizioni economiche precarie e soluzioni abitative non certo ottimali per vivere dignitosamente persino la malattia in cui versano, che spesso ne compromette l’autonomia. Quasi un milione di persone, inoltre, vive in solitudine, o con un coniuge anch’esso molto in là con gli anni, con tutte le difficoltà e i disagi che ne conseguono.

Eppure tutto ciò non basta per far sì che un Paese si mobiliti per ridare dignità e dimostrare rispetto verso chi ha fatto rinascere l’Italia dalle macerie della guerra, ha costruito e guidato un boom economico che ci ha permesso di arrivare fin qui, e a chi, ancora oggi, spesso si priva della propria pensione per consentire a figli e nipoti di tirare avanti. In Italia c’è sempre ogni genere di diritto da far valere in piazza, ma per quelli fondamentali - che connotano il grado di civiltà di una nazione - non c’è mai nemmeno una strada a fondo chiuso dove far sentire la voce degli ultimi. Ma tant’è, sono solo quarant’anni che il tema degli anziani (e delle relative ricadute sul nostro sistema pensionistico) occupa la prima pagina dell’agenda politica del Paese. Senza tema di smentite, si può già dire che l’argomento diventerà «bollente», tanto da richiedere una soluzione «urgente» e «improrogabile», nella primavera prossima, quando presumibilmente si andrà al voto, e quella degli anziani – sempre più numerosi – sarà davvero una «preferenza» preziosa e ricercata. A urne chiuse, poi, si vedrà il da farsi. Fino alle elezioni successive.

Ma nel rapporto dell’Istat c’è un altro dato che deve preoccupare, quello legato al periodo preso in esame, l’anno 2019, cioè prima dell’emergenza Covid, che proprio sugli anziani si è accanita con grande violenza, non soltanto in termini di mortalità, ma anche di assistenza e di vicinanza. Lasciati inesorabilmente in completa solitudine ad affrontare l’emergenza sanitaria e quella economica, nell’ultimo anno e mezzo sono stati privati degli affetti familiari senza un sistema di welfare in grado di «ammortizzare» il grande vuoto creatosi dall’impossibilità di incontrare figli, nipoti, amici. La pandemia – annota la Pontificia Accademia per la Vita – ha fatto emergere una duplice consapevolezza: da una parte l’interdipendenza tra tutti e dall’altra la presenza di forti disuguaglianze. Siamo tutti in balia della stessa tempesta, ma, in un certo senso, si può anche dire che stiamo remando su barche diverse: le più fragili affondano ogni giorno. L’amore per il «bene comune» – prosegue – non è una fissazione cristiana: la sua articolazione concreta, adesso, è diventata una questione di vita e di morte, per una convivenza all’altezza della dignità di ciascun membro della comunità. Tuttavia, per i credenti, la fraternità solidale è una passione evangelica: apre gli orizzonti ad un’origine più profonda ad una destinazione più alta. Già quando era Arcivescovo di Buenos Aires, alla fine degli anni ’90, Bergoglio era stato facile profeta, sottolineando che «l’eliminazione degli anziani dalla vita della famiglia e della società rappresenta l’espressione di un processo perverso in cui non esiste più la gratuità, la generosità, quella ricchezza di sentimenti che fanno sì che la vita non sia solo un dare e avere, cioè un mercato. Eliminare gli anziani è una maledizione che spesso questa nostra società si autoinfligge».

Vecchiaia, solitudine e tristezza vanno di pari passo, e su questo fronte a nulla sembrerebbero valse le conquiste che la scienza e la medicina hanno consegnato all’uomo, «condannandolo» paradossalmente a diventare sempre più vecchio, sempre più malato, sempre più solo. Certo è cambiata l’assistenza agli anziani. In meglio, dicono. Ciò che non è mutata è la considerazione che si ha di loro. Tocca ai giovani, adesso, invertire la rotta, sperando che sappiano cogliere nel profondo quel che ha scritto il romanziere francese Marc Levy: le rughe della vecchiaia formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni.

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