L'Editoriale
Lunedì 13 Gennaio 2025
Analfabeti di democrazia, serve una risposta di civiltà
ITALIA. Nel suo intervento alla Settimana sociale dei cattolici, il Presidente Mattarella ha messo in rilievo il fenomeno dell’analfabetismo sociale, focalizzandone la pericolosità in quanto portatore di un «analfabetismo di democrazia».
Al di là della suggestione del richiamo del Presidente della Repubblica, il fenomeno si manifesta – secondo l’Ocse – in un sensibile aumento dell’analfabetismo di ritorno, dovuto a vari fattori, tra i quali il crescente uso dei social che provoca il palese impoverimento del linguaggio. Si scrive e si «chatta», utilizzando slogan e trascendendo sovente in insulti. Il dibattito pubblico è diventato, sempre più, una sorta di slogan machine, che sopravanza e avvilisce ogni tentativo di confronto tra portatori di idee discordanti.
Vi è, in alcuni, l’ignoranza palese dei temi e dei problemi in questione che si traduce in uno snaturamento dei problemi e ne allontana sempre più la soluzione
Il quadro è in sé sconfortante e lo diventa ancor più qualora riguardi il livello del dibattito politico. Su questo terreno si assiste – da parte di molti parlamentari – ad una sorta di rincorsa a chi la dice più grossa. A chi si limita a sbeffeggiare l’avversario politico piuttosto che aprire un confronto di idee. Anche contrastanti. È in questo magma, spesso limaccioso e scomposto, che vanno analizzati i diversi aspetti dell’analfabetismo di democrazia nel dibattito politico e istituzionale. Vi è, in alcuni, l’ignoranza palese dei temi e dei problemi in questione che si traduce in uno snaturamento dei problemi e ne allontana sempre più la soluzione. Altre volte la «falsificazione» è cosciente e il gioco delle tre carte diventa un espediente per svicolare dalla sostanza dei temi da affrontare.
Toni pesanti e argomenti inconsistenti
Negli ultimi decenni il declino della comunicazione politica ha assunto le sembianze di una valanga, rispetto alla quale non sembrano esservi argini sufficienti. Ciò si riscontra tanto nella pesantezza dei toni, quanto nell’inconsistenza degli argomenti. Le preoccupanti derive del linguaggio politico mostrano un insieme di modalità, dal quale emerge che esso utilizza codici e stereotipi che la stessa politica non è più in grado di gestire. Le «voci» che affollano i social sono talmente tante e disordinate da rendere molto difficile un ritorno a forme meno aggressive. Il progressivo degrado del dialogo pubblico (in particolare nella comunicazione politica in senso stretto) ha finito con il contagiare perfino le Istituzioni. Queste ultime paiono arrendersi anch’esse, utilizzando una cifra linguistica del tutto inadeguata al ruolo che a ciascuna di essa compete.
Il messaggio del Capo dello Stato alle istituzioni, ai politici e ai singoli cittadini ha avuto un obiettivo: operare affinché il fenomeno del progressivo analfabetismo di democrazia possa essere arginato
In siffatto panorama i criteri di comunicazione della Presidenza della Repubblica rappresentano – all’interno del circuito istituzionale e ancor più nel collegamento diretto con la società civile – un baluardo per ricchezza dei contenuti e correttezza formale. In particolare, negli ultimi due decenni le forme di comunicazione della Presidenza della Repubblica hanno rappresentato una costante lezione di pedagogia istituzionale e civile che è innanzi agli occhi di tutti. Linguaggio chiaro, modalità espressive accuratamente calibrate, contenuti sapientemente selezionati in rapporto ai destinatari, sono il «marchio di fabbrica» che proviene dal Quirinale. Le finalità di tale stile comunicativo si ritrovano nel messaggio del Capo dello Stato alle istituzioni, ai politici e ai singoli cittadini a operare affinché il fenomeno del progressivo analfabetismo di democrazia possa essere arginato.
Perchè non è mai troppo tardi
La lezione che emerge dalla invocazione del Presidente della Repubblica trova una singolare sponda nel centenario della nascita di Alberto Manzi. Quel maestro elementare - divenuto già negli anni Cinquanta un personaggio noto alla stragrande maggioranza degli italiani – fu l’emblema di educatore alla democrazia, attraverso le sue lezioni nel programma «non è mai troppo tardi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA